Euronext e Deutsche Borse scrivono una lettera-appello alle istituzioni e ai governi Ue: «Le imprese tecnologiche più promettenti traslocano negli Stati Uniti, urge arrestare l’emorragia di idee e capitali»
La meglio gioventù aziendale europea sta emigrando a Wall Street. Dal 2018 a oggi 50 imprese fondate nel Vecchio Continente si sono quotate a New York all’inseguimento del sogno americano – non sempre esaudito – di una valutazione più elevata. L’emorragia sembra destinata a proseguire dal momento che la fintech svedese Klarna ha già deciso di approdare negli Stati Uniti e altrettanto potrebbero fare in futuro la banca online Revolut e la startup italiana Bending Spoons. Per arrestarla, Euronext, gruppo proprietario di Borsa Italiana, Deutsche Borse e una serie di associazioni di startup hanno scritto una lettera-appello alle istituzioni Ue e ai ministri delle Finanze dei Paesi membri per chiedere urgenti misure a sostegno del mercato dei capitali europeo.
La perdita di capitalizzazione
La situazione è «allarmante», si legge nella missiva stilata dalla rete delle startup europee. In un solo anno, il 2021, Wall Street ha registrato più quotazioni di aziende tecnologiche che l’Europa nell’intero periodo compreso fra il 2015 e il 2023. Negli ultimi 10 anni startup come Spotify, BioNTech, Criteo hanno scelto New York come approdo di Borsa, sottraendo alle piazze europee quasi 440 miliardi di dollari di capitalizzazione. Il trasloco finanziario è stato spesso seguito da quello industriale, con il trasferimento Oltreoceano di brevetti, posti di lavoro e tasse. «Ora che le elezioni europee sono alle spalle», è l’invito della lettera, «rimbocchiamoci le maniche e facciamo funzionare il mercato europeo dei capitali».
Il potenziamento del venture capital
Come? Gli scriventi chiedono anzitutto alle istituzioni europee di rafforzare il mercato del venture capital, quello che sostiene le startup nelle fasi precedenti alla quotazione in Borsa. Il supporto è debole, soprattutto quando le giovani imprese europee sono chiamate a fare il salto dimensionale: nel momento in cui deve raccogliere oltre 100 milioni, una startup europea su quattro finisce per trasferirsi negli Stati Uniti a caccia di «tasche più profonde» di quelle dei fondi Ue.
Il deflusso di capitali verso gli Stati Uniti
A sua volta il rafforzamento del venture capital europeo esige una maggiore partecipazione degli investitori istituzionali e dei risparmiatori individuali al finanziamento delle aziende tecnologiche continentali. «L’Ue deve aumentare la liquidità a cui possono attingere le startup e mobilitare l’immensa ricchezza bloccata nei conti correnti», sottolinea la missiva. Al contempo, occorre limitare il deflusso di capitali verso gli Stati Uniti: ogni anno oltre 300 miliardi di risparmi europei vanno a finanziare la crescita di imprese americane, anziché essere investiti sul territorio Ue.
I diversi regimi fiscali
Tale fuga dei risparmi verso Wall Street non è dovuto solo all’esterofilia. Investire negli Stati Uniti si rivela infatti spesso meno complesso dal punto di vista burocratico e meno costoso rispetto allo spostare capitali fra un Paese europeo e l’altro a causa dei diversi regimi fiscali. Perciò, la rete delle startup europee domanda all’Ue e ai Paesi membri di armonizzare i vari sistemi fiscali, abbassando le tasse sugli investimenti transfrontalieri in capitale di rischio.
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