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Corte di Cassazione -sez. III pen.- sentenza n. 32272 del 11-04-2024

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1. La questione: la carenza assoluta di motivazione in ordine al requisito del pericolo nel ritardo in sequestro


Il Tribunale di Roma, operando quale giudice del riesame cautelare proposto avverso un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Civitavecchia, rigettava un ricorso proposto da un legale rappresentante di una S.r.l., avverso un provvedimento emesso nei confronti della predetta società, oggetto di indagine in relazione alla sua responsabilità ex art. 25-quinquiesdecies della legge n. 231 del 2019, con riferimento alla presentazione, quanto agli anni di imposta 2017, 2018 e 2019, di dichiarazioni Iva recanti un contenuto falso.
Ciò posto, avverso questa decisione il difensore ricorreva per Cassazione e, con un unico motivo, si contestava la legittimità della ordinanza emessa dal Tribunale capitolino stante la (ritenuta) carenza assoluta di motivazione in ordine al requisito del pericolo nel ritardo. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri

2. La soluzione adottata dalla Cassazione


Il Supremo Consesso, nel reputare il ricorso suesposto infondato, osservava in via preliminare che comunque la censura, espressa in codesto ricorso, fosse comunque ammissibile.
Difatti, per la Corte di legittimità, sebbene nel passato sempre la Cassazione avesse ritenuto che, in tema di sequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione del bene oggetto di sequestro, può dedurre, in sede di merito e di legittimità, unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l’inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all’indagato, senza potere contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare (così: Corte di Cassazione, Sezione III penale, 22 agosto 2019; Corte di Cassazione Sezione VI penale, 5 ottobre 2016, n. 42037), fra i quali deve intendersi essere anche il periculum in mora, si osservava che, tuttavia, con un successivo orientamento, si è ritenuto che, invece, al terzo – pur considerato persona non estranea al reato per il quale si procede sebbene per esso non oggetto di indagine e che assume di avere diritto alla restituzione del bene sequestrato – è consentito contestare, sia in sede di merito che in sede di legittimità, anche la sussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora, posto che, se potesse fare valere solo la propria disponibilità del bene e l’insussistenza di un contributo personale al reato, il suo diritto di difesa sarebbe limitato a profili ex se non ostativi all’adozione del vincolo e subirebbe, inoltre, un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto all’indagato, legittimato a fare valere l’inesistenza dei presupposti della cautela reale (Corte di Cassazione, 7 marzo 2024, n. 9709; Corte di Cassazione, Sezione III penale, 24 gennaio 2024, n. 3034).
Orbene, nella pronuncia qui in esame, i giudici di piazza Cavour ritenevano di dovere aderire a questo secondo indirizzo interpretativo.

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3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito se, in tema di sequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione del bene oggetto di sequestro, può contestare, in sede di merito e di legittimità, la sussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora.
Si fornisce difatti in tale pronuncia una risposta positiva a siffatto quesito, richiamando quell’indirizzo ermeneutico con cui, come appena visto, si sostiene che al terzo – pur considerato persona non estranea al reato per il quale si procede sebbene per esso non oggetto di indagine e che assume di avere diritto alla restituzione del bene sequestrato – è consentito contestare, sia in sede di merito che in sede di legittimità, anche la sussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora, posto che, se potesse fare valere solo la propria disponibilità del bene e l’insussistenza di un contributo personale al reato, il suo diritto di difesa sarebbe limitato a profili ex se non ostativi all’adozione del vincolo e subirebbe, inoltre, un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto all’indagato, legittimato a fare valere l’inesistenza dei presupposti della cautela reale.
Codesto provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se possa stimarsi ammissibile una contestazione di questo genere, fermo restando però, stante la sussistenza di un approdo ermeneutico di segno contrario, come sarebbe auspicabile che su tale questione intervengano le Sezioni unite.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

 

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