Dopo la pausa estiva il governo torna al lavoro puntando i riflettori sulla manovra 2025. Sembrerebbero non esserci dubbi sulla proroga del taglio del cuneo fiscale per i redditi da lavoro dipendente fino a 35 mila euro e sulle tre aliquote Irpef, ma c’è un nuovo obiettivo da perseguire, quello di ridurre le tasse al ceto medio e più precisamente a chi percepisce un reddito fino a 50mila euro.
Il problema come sempre sono le coperture, anche perché c’è un altro nodo da sciogliere, quello delle pensioni. E così dopo aver ridotto le aliquote Irpef da quattro a tre si valutano diverse opzioni per rendere più equo il sistema fiscale, magari rimettendo mano alle agevolazioni fiscali che costano allo Stato 105 miliardi l’anno.
Intervenire sui bonus fiscali sembra essere al momento l’unica opzione possibile. Ma come? Tagliando le agevolazioni ai redditi più alti. Cosa ne sarà allora delle detrazioni per i mutui sulla prima casa e per le spese sanitarie? Chi è a rischio taglio? Andiamo per ordine.
Il taglio delle tax expenditures
Facciamo un po’ di conti. La conferma del taglio del cuneo fiscale per il 2025 richiederà quasi 10 miliardi di euro. Il taglio e l’accorpamento delle aliquote Irpef circa 4 miliardi di euro. Ma il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, vuole fare di più: vorrebbe ridurre anche l’Irpef al ceto medio e ai pensionati.
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Per farlo però servono risorse, dove prenderle? Da una revisione delle agevolazioni fiscali, le cosiddette tax expenditures. Sono circa 625 tra detrazioni, deduzioni, agevolazioni, esenzioni e sconti fiscali, per un costo totale di oltre 100 miliardi di euro l’anno. Da considerare anche poi che, come spiega Il Sole 24 Ore, le detrazioni che si applicano sull’Irpef rimangono concentrate sui contribuenti con reddito più elevato. Sembra che il 50% dei contribuenti meno abbienti goda di circa il 15% delle detrazioni totali, mentre al 10% più ricco del 26%. Per rispettare il principio della progressività dell’imposizione quindi si potrebbe partire proprio da qui.
Marco Osnato, presidente della commissione Finanze alla Camera, ha parlato delle tax expenditures esistenti come di “una selva importante di incentivi, bonus, deduzioni”, alcune delle quali hanno un certo valore “come le deduzioni delle spese mediche” mentre altre “appaiono come spese clientelari che non hanno più ragione di esistere”.
Bonus fiscali su mutui e spese sanitarie: come potrebbero cambiare
Alcuni bonus fiscali sembrano intoccabili, come le detrazioni per le spese sanitarie e per i figli, altri meno, come quelli introdotti dai governi precedenti per averne dei vantaggi elettorali ma che interessano solo pochissime persone. Eliminare le agevolazioni fiscali più piccole che costano 10 milioni l’anno però porterebbe a un gettito aggiuntivo di soli 400 milioni di euro, troppo poco rispetto al fabbisogno complessivo che si aggira sui 25-26 miliardi di euro. Si pensa così a possibili interventi sui redditi più alti, che porterebbero nelle casse dello Stato un paio di miliardi di euro.
Per ottenere maggiori risparmi dunque potrebbero finire tra i tagli anche le detrazioni più grandi, come ad esempio le detrazioni per le spese sanitarie, gli interessi sui mutui per la prima casa, i premi per le assicurazioni sulla vita, la previdenza integrativa e le spese di istruzione, ma con dei limiti di reddito. A quanto pare invece un taglio delle deduzioni fiscali, ossia di quelle spese che riducono l’imponibile complessivo, avrebbe un impatto molto più limitato sul gettito fiscale.
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