In un anno (il 2022) sono stati 88 gli infermieri che hanno abbandonato gli ospedali di Monza e della Brianza. Non si tratta di professionisti che hanno raggiunto la meritata pensione, o che sono passati ad altri enti. Gli stessi numeri nel 2011 erano di soli 11 infermieri. A lanciare l’allarme è la Uil Fpl del Lario e della Brianza. Una carenza che non riguarda solo gli infermieri ma che, come evidenziato dal sindacato, riguarda in Lombardia (Monza e Brianza comprese) tutto il comparto della sanità. Mancano medici (soprattutto quelli di medicina generale), anestesisti, ortopedici, psicologi e psichiatri.
Le figure più carenti
“Secondo il rapporto dell’Ocse Health at a Glance – si legge nella nota della Uil Flp – in Italia ci sono 4,1 medici ogni 1.000 abitanti, superando la media Ocse di 3,7. Tuttavia, secondo la Fondazione Gimbe, mancano oltre 3100 medici di medicina generale, con una criticità evidente soprattutto in Lombardia. Inoltre, la carenza di medici specialisti in emergenza-urgenza ha un impatto significativo nei pronto soccorso e nei reparti di chirurgia d’urgenza, anestesia e rianimazione”.
Perché gli specialisti scappano
Il fuggi fuggi di medici e infermieri non è una novità. Lo denunciavano tutti i sindacati già prima dell’emergenza sanitaria. Con il covid la situazione è esplosa mettendo in evidenza le criticità sollevate. La situazione dopo la pandemia è peggiorata con medici e infermieri stremati e accanto a chi ha deciso di andare in pensione (in molti anche ancor prima di aver raggiunto l’età del pensionamento) in molti – soprattutto i più giovani – hanno preferito lasciare l’Italia per andare a lavorare all’estero attirati da stipendi maggiori e da reali possibilità di far carriera. “Le scuole di specializzazione stanno affrontando gravi difficoltà, con una significativa percentuale di borse di studio non assegnate – incalza la Uil – radioterapia (67%), farmacologia (63%), cure palliative ed emergenza-urgenza (61%), e medicina di comunità (57%). Questa situazione richiede un cambiamento strategico nel reclutamento dei giovani medici specialisti. E si prevede che nel 2024 circa 20.000 medici italiani si trasferiranno in Gran Bretagna, StatiUniti, Germania e Francia, aggravando ulteriormente la situazione. La carenza di infermieri è altrettanto problematica. Sempre secondo il rapporto Ocse, in Italia ci sono 6,2 infermieri per 1000 abitanti, molto al di sotto della media Ocse di 9,2 e lontana dai dati di Germania (12), Olanda (11,4) e Francia (9,7). Questa carenza influisce negativamente sia sul sistema sanitario pubblico che privato, comprese le RSA”.
Cosa fare per invertire la rotta
Cosa serve per cambiare rotta? “Per implementare la sanità territoriale regionale in Lombardia, servono 40.000 unità per le COT, le Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità – riferiscono dal sindacato -. La carenza riguarda anche il personale tecnico-sanitario, inclusi tecnici di laboratorio, radiologi, ostetriche, tecnici della prevenzione, assistenti sanitari e fisioterapisti. Inoltre, emerge una crescente sofferenza tra gli Oss (operatori socio sanitari)”. “Per affrontare questa situazione – sottolinea Massimo Coppia, Segretario Generale Uil Flp Lario e Brianza – proponiamo alla Regione Lombardia di destinare risorse per i corsi di laurea e specializzazione per medici e personale sanitario, incentivando le borse di studio e i corsi universitari in modo mirato. La questione del reclutamento del personale è complessa e multifattoriale, richiedendo una gestione efficiente delle risorse umane e un adeguato finanziamento. Non possiamo più accettare soluzioni temporanee; è necessario che la Regione Lombardia strutturi fondi specifici per il personale medico, infermieristico, tecnico-sanitario e socio-sanitario. Per noi il concetto di riconoscimento stipendiale per medici, infermieri, sanitari e sociosanitari, implica l’adeguamento delle loro retribuzioni in linea con gli standard europei, tenendo conto delle tutele giuridiche e dei percorsi di formazione e aggiornamento professionale necessari. L’obiettivo è uniformare gli stipendi dei medici e infermieri italiani a quelli dei loro colleghi negli altri Paesi europei, garantendo una retribuzione equa e competitiva. Significa rinnovare i contratti collettivi nazionali adeguandoli all’inflazione”.
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