diSilvia Seminati
L’assessora Messina: «Misura da rivedere. In città, 6.111 nuclei con i requisiti, ma solo 1.350 beneficiari»
Sono 6.111, soltanto in città, le famiglie che avrebbero i requisiti per ricevere la nuova social card «Dedicata a te». Ma il contributo di 500 euro — in arrivo dal ministero — andrà solo a 1.350 nuclei. «È un dato significativo che dice, secondo me, quanto sia inadeguata questa misura — spiega Marcella Messina, assessora alle Politiche sociali del Comune di Bergamo —. Il problema è che non è funzionale alle necessità dei cittadini».
Social card: i requisiti
La social card, erogata in questi giorni sotto forma di carta prepagata e ricaricabile da spendere in beni alimentari di prima necessità, è destinata ai cittadini con un Isee non superiore ai 15 mila euro. È l’Inps a individuare i beneficiari, secondo i criteri di priorità definiti dal governo — dal numero di componenti delle famiglie (devono essere almeno tre) all’età degli stessi (ci dev’essere almeno un minorenne nel nucleo) — e fino all’esaurimento delle carte assegnate a ciascun Comune. Gli enti locali ricevono l’elenco dei beneficiari e hanno il compito di verificare la posizione anagrafica. «Il punto — dice l’assessora Messina — è proprio questo: nel 2020 e 2021, i Comuni costruivano i criteri per la distribuzione dei bonus alimentari ai cittadini, cercando di avere anche una valenza di governance di questo processo. Adesso ai Comuni spettano solo le verifiche. Questa misura ha sì una valenza economica assistenziale, ma depotenzia il ruolo di programmazione degli enti locali rispetto alle politiche sulla povertà. E poi lascia fuori una fetta di popolazione perché il budget non basta per tutti».
L’assessora Messina critica
Marcella Messina sostiene che una misura troppo rigida non possa andare bene per tutto il Paese. «Pensiamo a quanto è diversa l’Italia, da Nord a Sud. Questa misura così uniforme — spiega l’assessora — non tiene conto delle peculiarità di ciascun ente locale. Nel 2020 e nel 2021, avevamo comprato noi le tessere alimentari e avevamo anche stabilito i criteri per distribuirle. Si può, per esempio, scegliere di dare la priorità alle famiglie numerose o a quelle con un disabile oppure ancora ai nuclei con gli anziani. I criteri vanno scelti a seconda delle persone in carico ai Servizi sociali o in base alla lettura dei bisogni intercettati nella città e questo compito lo sappiamo fare noi, che ci occupiamo di Politiche sociali tutti i giorni. L’anno scorso avevo segnalato queste criticità a Roma, possiamo anche valutare se provare a sollecitare di nuovo una riflessione. Io preferirei che questi soldi venissero dati ai Comuni, per poi investirli nelle politiche a sostegno anche del reddito, ma dev’essere il Comune ad avere questo potere di programmazione».
La Social card a Bergamo: i beneficiari
Nel 2024, le carte a disposizione del Comune di Bergamo sono state incrementate a 1.350 a differenza delle 1.316 per il 2023. Tra i 1.350 beneficiari, ci sono più uomini (715) che donne (635). E tra questi, ci sono 636 nuclei (394 di orgine straniera, 242 italiani) che avevano avuto la social card anche l’anno scorso. Tra le 1.350 famiglie beneficiarie, 772 sono formate da 4 o 5 persone, 396 da 3 e 182 da più di 5. I numeri, raccolti da Palazzo Frizzoni, dicono anche che la maggior parte dei beneficiari, 620 persone, ha tra i 40 e i 49 anni. Poi ci sono 439 persone che hanno tra i 30 e i 39 anni, 189 che hanno un’età compresa tra 50 e 60 anni, 75 beneficiari sono giovani dai 20 ai 29 anni e 27 hanno più di 60 anni. Sono tre i quartieri della città con il maggior numero di beneficiari: Centro – Sant’Alessandro (108 persone), Borgo Palazzo (106) e Loreto (100). In fondo alla classifica, i quartieri con il minor numero di beneficiari della social card: i Colli (solo 7), Valtesse San Colombano (12) e Città Alta (15). «Questa classifica — spiega l’assessora — rispecchia i bisogni che riscontriamo da anni. Alle Politiche sociali ci stanno arrivando richieste d’aiuto sul tema abitativo: c’è chi fa fatica a pagare l’affitto e anche le bollette. Ci sono poi problematiche lavorative. Non parliamo di casi di grave emarginazione, ma di fragilità economica, da sostenere con una serie di interventi».
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