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Open Fiber affronta uno snodo cruciale per il suo futuro con una soluzione propizia al rilancio. Mercoledì 11 è in calendario il consiglio di Cdp, primo azionista, tramite Cdp equity, della società di fibra ottica con il 60% (il 40% è di Macquarie Capital) che dovrebbe varare la nuova governance di Open Fiber in scadenza: salvo colpi di scena, Cassa e Cdp Equity dovrebbero confermare il mandato dell’ad Giuseppe Gola e del presidente Paolo Ciocca.

A valle dei board dei due consigli del gruppo Cassa verrà convocata l’assemblea della società di infrastrutture di rete per recepire le indicazioni del primo azionista cui si affiancheranno le designazioni del fondo australiano: a Gola verranno riassegnate le deleghe gestionali in nome della continuità, così come per le stesse ragioni, a Ciocca – nominato dall’assemblea – i poteri sull’audit e, in tandem con l’ad, Regolatorio e Relazioni esterne.

SLITTA LA MANOVRA FINANZIARIA

Secondo gli accordi tra gli azionisti legati da un patto parasociale, l’ad è scelto dalla spa pubblica del Tesoro e fondazioni, il presidente sempre da Cdp ma con il gradimento di Macquarie. La conferma del vertice sembra quasi automatica e scontata per tante ragioni non essendoci tra l’altro controindicazioni.

Gola è entrato in corsa in Open Fiber, ad ottobre 2023 per sostituire Mario Rossetti e gestire il negoziato con le banche per il completamento della ristrutturazione: 3 miliardi complessivi tra debito degli istituti (1,6 miliardi) ed equity dei soci (1,4 miliardi). Di queste due gambe, la prima da 1,3 miliardi tra debito e equity è la riattivazione del vecchio project financing da 7,2 miliardi del 2018 rinnovato nel 2021; la seconda è una nuova manovra finanziaria per un totale di 1,6 miliardi sempre fra leva e aumento di capitale. Sulla prima manovra il rapporto debito/equity è di 70-30%, sulla nuova 55-45%.

Il perfezionamento dell’intera manovra è subordinata a una serie di condizioni, tra cui l’esito della consultazione pubblica al via tra qualche giorno e tra i vari interlocutori coinvolti, il governo spinge affinchè l’inizio avvenga a breve. Il via libera al contratto di finanziamento e la partecipazione dei soci al nuovo equity sono tutti passaggi cruciali per il rilancio. E’ evidente quindi il perchè la continuità della governance diventa propedeutica a tutto. La firma alla manovra finanziaria era fissata per l’1 ottobre, slitterà a causa della consultazione ma anche perchè è in corso un ribilanciamento delle quote fra le banche: Intesa Sp, Unicredit, Bnp, Agricole dovrebbero aumentare le tranche di 100 milioni a testa per coprire l’uscita di alcune piccole.

La consultazione ha durata 30 giorni ed è una verifica dell’eventuale interesse commerciale degli operatori di tlc a connettere, con fondi privati, i cosiddetti civici adiacenti, cioè quei numeri di abitazioni emersi dalle verifiche sul territorio previste dai contratti con cui vennero assegnati i 3,4 miliardi di fondi del Pnrr: 1,8 miliardi a favore di Open Fiber, 1,6 miliardi di Tim. Dai controlli sul territorio è venuta fuori una significativa riduzione dei civici collegabili (circa il 50%) e una loro maggiore dispersione sul territorio: le case erano sparse sul territorio a distanza una dall’altra, per cui serve una rete più ampia, costosa e tempi maggiori. Da considerare la tagliola di giugno 2026, termine ultimo entro le quali le opere del Pnrr devono andare a dama.

La consultazione, si diceva, coinvolge tutti gli operatori del settore tlc che devono esprimersi sull’interesse a collegare i civici. E dove si riscontrasse un interesse, queste case verrebbero sottratte all’intervento pubblico.

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