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Un tesoretto che viaggia oltre quota 800 milioni. È quanto incassano i Comuni dalla tassa o il contributo di soggiorno per i turisti, grazie sia agli aumenti decisi dagli enti locali tra lo scorso e quest’anno, che soprattutto al boom di pernottamenti. Dopo il record di viaggiatori in Italia nel 2023, entro fine dicembre sono attesi 460 milioni di arrivi, con 216 milioni di prenotazioni di stranieri solo tra giugno e agosto e 13 milioni di italiani che, secondo Confcommercio, si sposteranno nella settimana di Ferragosto. Le stime sul gettito fiscale della tassa di soggiorno nel 2023 vanno dai 702 milioni calcolati dal Codacons su dati di Federturismo ai 782 milioni del monitoraggio della Fondazione Ifel-Anci, con un aumento fino al 26% rispetto al 2022. L’associazione dei consumatori, poi, certifica il quasi certo ulteriore balzo per il 2024. Per non parlare del 2025, l’anno del Giubileo, con 32 milioni di pellegrini attesi in Italia.

Tassa di soggiorno, la classifica delle città che hanno incassato di più: Roma al primo posto, poi Firenze e Milano

IL BALZO

Secondo il monitoraggio Ifel-Anci lo scorso anno Roma ha raccolto 165 milioni (+38,6% rispetto al 2022), Firenze, quasi 70 milioni (+64,3%), Milano 62 milioni. Indietro Venezia (38,5 milioni), Napoli (17,5 milioni), Bologna (12,6 milioni), Rimini (11,5 milioni) e Torino (9,8 milioni). Più in generale sono state 1.259 le amministrazioni che hanno applicato la “tourist tax” contro i 1.146 dell’anno precedente.

Come detto sono diverse le città che hanno aumentato la tassa o applicato altri balzelli sui turisti. Strategie che non piacciono agli albergatori e ai turisti italiani quando si tratta di pagare di più, ma che, per il 49% dei cittadini, secondo una ricerca di Jfc, sono utili per limitare il numero di arrivi dall’estero. Contenendo il cosiddetto “overtourism” di cui si parla tanto nelle ultime settimane. Nel 2023 hanno aumentato la tassa Brescia, Napoli, Roma e Firenze. In alcuni casi si è trattato di una crescita di 50 centesimi al giorno a persona, in altri, soprattutto per hotel a quattro o cinque stelle oppure Airbnb o affittacamere anche 3,50 euro in più ogni 24 ore. Nella Capitale si è così arrivati al record di 10 euro al giorno negli alberghi di lusso. Quest’anno, poi, tra gennaio e luglio, sono scattati nuovi aumenti a Milano, Genova e Padova: fino a 1,5 euro in più al giorno. Venezia e Capri hanno adottato strategie alternative, soprattutto per contenere un numero di turisti divenuto insostenibile, con l’avvio di un ticket d’ingresso sperimentale a 5 euro e il raddoppio della tassa di sbarco (da 2,5 a 5 euro). Prezzi fermi, invece, a Torino e Cagliari. Palermo e Napoli, poi, valutano nuovi aumenti in autunno o nel 2025, ma attendono eventuali novità dal governo.

LA TRATTATIVA

Dall’anno prossimo cambierà lo schema normativo nazionale della tassa, con ulteriori rincari. Polemiche perché nelle bozze del decreto Omnibus circolate nei giorni scorsi era stata inserita l’ipotesi di applicare il balzello non più alle singole persone, ma alle camere, tra l’altro in tutti i Comuni, salendo fino a 25 euro al giorno per gli alberghi di lusso.

Con il passaggio dai turisti alle camere, solo Roma teme di “perdere” almeno un terzo di quanto incassa con il contributo di soggiorno. Gli altri grandi Comuni, sulla stessa linea, sono già sul piede di guerra. Secondo gli enti locali, infatti, lo schema ipotizzato penalizza le località che non sono sfiorate dal turismo d’affari o ospitano al loro interno pochi hotel di alta gamma. In questo scenario se ne avvantaggerebbero soltanto centri come Milano, Portofino, Capri o Taormina.

Gli albergatori, invece, paventano che un aumento delle tasse disincentivi i turisti a viaggiare in Italia. In mezzo a questo caos c’è l’esecutivo, che smentisce ogni decisione presa. La ministra del Turismo, Daniela Santanché, garantisce che l’ultima parola sarà detta dopo aver convocato allo stesso tavolo a settembre gli enti locali e le imprese del settore (in primis, quindi, Anci, Federturismo e Federalberghi). L’esecutivo vuole comunque rimodulare il balzello in base alla categoria della struttura, facendo pagare di più in base alla qualità della stanza e vincolare i sindaci a utilizzare quanto raccolto per migliorare l’offerta e i servizi turistici, a partire dalla raccolta dei rifiuti, e non per tappare i tanti buchi ai loro bilanci. Violando le norme vigenti, come denuncia il Codacons.

La ministra ha fatto sapere che le proposte circolate sono solo ipotesi. Rispetto alla bozza girata negli ultimi giorni, l’esecutivo potrebbe trovare una mediazione abbassando il prelievo massimo, garantendo diverse tariffe in base alla categoria della struttura e introducendo una perequazione per le amministrazioni che perdono gettito. Poi si potrebbe togliere agli albergatori l’onere di raccogliere il contributo, facendolo versare direttamente ai clienti di hotel e bed & breakfast, magari pagando su una piattaforma apposita per la Pubblica amministrazione. Senza dimenticare un sistema di controllo più ampio dell’attuale contro l’evasione. Lontana una decisione sull’applicazione sulle camere o sulla trasformazione dell’imposta in una tassa di scopo. Le imprese alberghiere chiedono una riduzione generale del balzello e l’eliminazione dell’obbligo di incasso. Piace, invece, l’applicazione sulle camere, che potrebbe facilitare i controlli sui bed & breakfast, limitando quella presunta evasione che considerano “concorrenza sleale” contro gli hotel tradizionali.

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