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In un articolo sulla Stampa Chiara Saraceno è sorpresa da un fenomeno del mercato dell’energia che in verità è piuttosto comune in molti mercati diversi: i costi per lo stesso prodotto possono avere prezzi diversi, come per l’energia, i gigabyte o la frutta. Qualche chiarimento

La liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica – che scatterà il prossimo 1 luglio con la fine della tutela per i non vulnerabili – continua a generare incomprensioni. Sulla Stampa di ieri, Chiara Saraceno ha lamentato che “le regole del gioco sono opache e, nel migliore dei casi, presuppongono nei clienti competenze che non sempre hanno”. Saraceno nota che nel mercato dell’energia “tutti vendono la stessa merce ma a prezzi diversissimi”. In particolare, se alcune componenti della bolletta sono stabilite dall’Arera, il “costo della materia prima” e “di commercializzazione” possono “variare molto, chissà perché (sic). Il costo della materia prima, inoltre, può variare anche all’interno dello stesso gestore, a seconda della fascia di consumo”. Il fenomeno che sorprende Saraceno non è esclusivo dei mercati energetici, ma è assai comune. Per esempio, il costo dei mutui può variare sia tra le diverse banche, sia nella stessa banca, a seconda che il tasso sia fisso o variabile; il costo delle zucchine è diverso in centro città o in campagna, al nord e al sud, d’estate o d’inverno; il costo (medio) del gigabyte è differente se il contratto telefonico prevede un pacchetto definito o traffico illimitato.
 

Per l’energia il costo della materia prima è influenzato sia dalle strategie di acquisto all’ingrosso sia dalle condizioni di vendita. Alcuni contratti sono a prezzo fisso, altri variabile; alcuni hanno soglie di consumo, altri no; alcuni prevedono la sola fornitura di energia, altri contengono servizi aggiuntivi come l’installazione di pannelli fotovoltaici; alcuni garantiscono che il 100 per cento dell’energia è green, altri no; alcuni non differenziano le fasce orarie di consumo, altri sì.
 

Tutto ciò rende il mercato dell’energia complesso? Probabilmente sì, anche perché le offerte – e qui Saraceno ha ragione – sono formulate in modo tale da distinguere le componenti stabiliti dall’Arera da quelle di competenza del venditore, oltre alle varie componenti di costo (parte fissa, quota potenza e quota energia). Ciò dipende anzitutto dagli stringenti obblighi di trasparenza, non dalla cattiveria dei venditori. La struttura dei costi, peraltro, è la medesima delle telecomunicazioni e degli altri settori caratterizzati da infrastrutture di rete. Eppure ciò non rende inintelligibili le bollette o le offerte telefoniche. Saraceno, a dire il vero, ne ha anche per le tlc: oggi nell’energia c’è “una situazione simile a quella nel settore delle reti mobili, fino a qualche anno fa, quando la corsa ad accaparrarsi i clienti costringeva a cambiare continuamente gestore per ottenere una tariffa più favorevole”. Ma nessuno è costretto a cambiare operatore. Chi lo fa, ha trovato un’offerta migliore. E ciò è reso possibile proprio da quella stessa concorrenza “selvaggia” che ha determinato, in Italia, prezzi mobili tra i più bassi d’Europa e una qualità tra le migliori.
 

Infine, Saraceno è preoccupata per il destino di “molte famiglie in condizione modesta e persone molto anziane, del tutto impreparate ad affrontare questo tipo di mercato libero”. Può stare tranquilla: le famiglie a basso reddito hanno  diritto al bonus sociale. Inoltre, la maggior parte di esse (e degli anziani) ha scelto, con soddisfazione, un’offerta sul libero mercato. E per chi non lo ha fatto, cosa succederà l’anno prossimo? La risposta è semplice: assolutamente nulla, visto che i clienti vulnerabili (tra cui gli over 75 e le persone a basso reddito) sono esclusi dalla liberalizzazione.



 

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