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Sarà capace l’UE di assumere sulle sue spalle la responsabilità di attuare un piano considerato cruciale per il suo futuro? Lo scopriremo nei prossimi anni, intanto concentriamoci sul testo e vediamo quali sono i punti salienti del piano Draghi per il futuro dell’Unione europea.

Il futuro della competitività in Europa passa per gli investimenti

Investire. La vecchia Europa, forse anche a causa della sua età anagrafica elevata, ha smesso di guardare al futuro come si fa negli Stati Uniti e in Cina. Negli ultimi 25 anni ci siamo lamentati della crescita, ma allo stesso tempo abbiamo ridotto gli investimenti.

Senza investire non vi è innovazione e senza innovazione non si ha la crescita, dunque niente futuro. Volkswagen, che in Germania è costretta a chiudere due stabilimenti perché meno persone vogliono le sue auto (l’esubero si aggira sulle 500mila autovetture invendute), è in difficoltà per la scarsezza di investimenti in motori moderni.

Secondo il report redatto dal gruppo di studio di Mario Draghi, gli investimenti destinati alla produzione sono bassi, mentre il risparmio privato è alto. In particolare dopo la crisi finanziaria del 2007-2008, gli investimenti privati nell’UE sono cresciuti solo gradualmente mentre negli Stati Uniti sono stati impiegati a un ritmo decisamente più veloce.

Prima di poter investire 800 miliardi di euro l’anno, però, l’UE ha bisogno di superare i suoi impedimenti agli investimenti privati che il report di Mario Draghi così riassume:

  • Mercati dei capitali frammentati: lo studio di Draghi fa notare che negli Stati Uniti esiste un’unica autorità finanziaria dal 1930 (Security and Exchange Commission), mentre in UE non c’è una entità omologa. Ciascuno Stato membro dell’UE ha la sua autorità finanziaria e le leggi sono tutte differenti. Di conseguenza i costi per gli investitori sono più elevati e ciò scoraggia l’investimento.
  • Tasse sui capitali: il fatto che all’interno dell’UE non esista una tassazione omogenea sui capitali, con alcuni paesi che tengono la tassazione bassa e altri così elevata da far scappare anche gli investitori nazionali, non gioca a favore dello sviluppo.
  • Fondi pensione poco sviluppati: altro punto su cui si sofferma lo studio riguarda lo sviluppo del secondo e terzo pilastro pensionistico. Il report fa notare che nell’UE sono poche le nazioni dove i fondi pensione privati sono adeguatamente favoriti. Tuttavia ciò non gioca a vantaggio della competitività perché è noto che un fondo pensione investe nel presente per il futuro, e investe sul lungo periodo. L’obiettivo è infatti quello di garantire ai giovani di oggi, una pensione adeguata domani.
  • Eccessiva presenza delle banche: in alcuni Stati europei, tra cui Italia, Spagna e Germania, dagli anni 1960 in poi si è fatto molto più affidamento sull’utilizzo del debito offerto dalle banche e meno sul finanziamento derivante dai mercati dei capitali. Ma le banche hanno dei requisiti stringenti quando erogano i prestiti, inoltre, non sempre hanno tutte le figure professionali interne necessarie per capire i progetti imprenditoriali innovativi che gli vengono proposti e dunque non se ne assumono il rischio.

Report di Mario Draghi: più investimenti, ma dove?

Servono più investimenti, anzi, ne servono davvero tanti. Ma dove bisogna investire tutti i soldi auspicati dal piano Draghi? Gli ambiti di investimento sono ben noti agli investitori, ma li sintetizziamo qui sotto in forma di elenco.

 

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