diRoberta Scorranese
In Toscana numeri record ma anche l’insofferenza dei residenti. I test in laguna. Stesse esigenze: contingentare gli arrivi (in crescita ovunque)
Da una parte il disegno, la prospettiva, la grazia apollinea. Dall’altra il colore, la tensione tonale, le inquietudini di artisti come Tintoretto. Da sempre Firenze e Venezia vivono di bellezze diverse, eppure c’è un filo recente che unisce Michelangelo e Tiziano. Anzi, più che un filo è una matassa corposa: il turismo.
Venezia ha cifre da macelleria: oltre cinquemila turisti a chilometro quadrato, ogni giorno da inizio anno, come hanno scandito le statistiche del 2023. E nell’arco che va da giugno a settembre dell’anno scorso, Firenze ha registrato un +7,3% di presenze rispetto al 2022, qualcosa come quasi tre milioni e mezzo di turisti.
Sono scenari insostenibili per due città che da secoli sperimentano uno splendore fragile, l’uno adagiato sull’acqua e l’altro retto da monumenti delicati: il tedesco che nel settembre scorso ha scalato la fontana del Nettuno in piazza della Signoria per farsi una foto, provocando danni per cinquemila euro, è solo uno dei casi quotidiani di cronaca.
E però, in questa estate canicolare, i destini delle due capitali del bello sembrano divergere: se Venezia traccia un bilancio del «mese contingentato» (29 giorni con alcuni ingressi a pagamento e prenotazione), a Firenze esplode la rabbia dei residenti esasperati e in città cominciano a comparire scritte come «Tourists go home», proprio nelle settimane in cui il governatore Giani brinda ai dati record (+3,1% di variazione tendenziale sul 2019, quindi definitivo sorpasso della carestia turistica dovuta al Covid).
Le parole del presidente Confcommercio Firenze, Aldo Cursano, sembrano un monito: «I turisti vanno pesati, non contati». Forse il capoluogo toscano sta pensando a un esperimento come quello veneto? E, soprattutto, com’è andata a Venezia dopo il primo mese di contributo d’accesso?
In breve, la città ha sperimentato (prima al mondo a farlo) l’introduzione di un biglietto di ingresso di 5 euro per i turisti giornalieri non veneti che nei weekend e nei giorni festivi volevano visitare le calli tra le 8.30 e le 16. Nelle casse del Comune sono entrati quasi 2,2 milioni, anche se gli arrivi non sono stati proprio disincentivati: a Venezia (terraferma e isole comprese, come riporta il Corriere del Veneto) hanno soggiornato oltre 1,3 milioni di visitatori con il picco il 27 e 28 aprile (58 mila persone per notte).
Conviene dunque un ingresso «calmierato» anche in altre città come Firenze? Annunziata Berrino, storica del turismo all’Università di Napoli, è in generale scettica sugli ingressi contingentati, ma fa notare che «se prima non si risolvono nodi come il trasporto locale soprattutto al Sud, i taxi insufficienti e le norme per i balneari, il turismo continuerà a essere un problema di sovraffollamento per le grandi città d’arte (oltre che motivo di scontento per i residenti) e una mancata risorsa per i territori meno noti. Internet avrebbe dovuto ampliare le possibilità, ma in realtà l’algoritmo suggerisce agli stranieri sempre le stesse mete. Investire in una comunicazione più ricca e sostenere le zone meno famose potrebbe essere una soluzione».
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