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In un articolo di venerdì scorso su questo giornale Lorenzo Sconocchini ha evidenziato il mancato utilizzo di gran parte dei fondi destinati da un bando regionale al sostegno delle start-up innovative. Il bando metteva a disposizione 5 milioni di euro per finanziare fino a 125 start-up con un contributo di 40mila euro.

Le domande ammesse sono state una trentina. Al contrario, bandi simili destinati alle nuove imprese in generale hanno lasciato insoddisfatte parte delle richieste. Come si sottolinea nell’articolo, questo non implica che le start-up innovative siano poche o poco rilevanti per le prospettive di diversificazione e crescita dell’economia regionale. Al contrario. Le Marche sono fra le regioni con il maggior numero di start-up innovative rispetto alla popolazione, merito anche dell’attivismo degli atenei regionali nella promozione dell’imprenditorialità di studenti e ricercatori.

Le start-up innovative, istituite con il decreto sviluppo del 2012, sono definite da specifiche caratteristiche: la presenza di soci con laurea magistrale o dottorato, il possesso di brevetti e una quota significativa di investimenti in ricerca e sviluppo. Per la loro natura, esse operano con modelli di business diversi rispetto alle nuove imprese tradizionali. Ciò aiuta a spiegare la ragione del mancato assorbimento delle risorse messe a disposizione dal bando regionale.

Come ricordato da Lorenzo Sconocchini, le risorse europee utilizzate per il bando sono quelle del Fondo Sociale Europeo, destinate in primo luogo ai disoccupati. I giovani che avviano start-up innovative sono generalmente fra i laureati più brillanti, che sicuramente non hanno problemi di occupazione e che decidono di intraprendere la carriera imprenditoriale perché ne intravedono le opportunità e non per sottrarsi alla condizione di disoccupati. A parte ciò, è soprattutto la peculiarità del modello di business di queste imprese che rende il bando regionale poco attraente.

Se decidessi di avviare un’attività tradizionale, come un bar, i 40mila euro di contributo sarebbero sicuramente utili per sostenere l’investimento iniziale. Una volta aperta l’attività, inizierei subito a vendere e incassare; se non avessi errato la localizzazione e dimostrassi di essere sufficientemente capace nella gestione dovrei riuscire ad avere successo con la mia nuova attività. Se decidessi di avviare una start-up innovativa la situazione sarebbe decisamente diversa. I 40mila euro potrebbero essere utili come sostegno nella fase iniziale di sviluppo e di test dell’idea imprenditoriale. Magari per arrivare ad un prototipo. Giova ricordare che le start-up innovative sono tali in quanto si propongono di portare sul mercato nuovi prodotti e servizi.

Se il risultato di questa prima fase risultasse soddisfacente, le necessità di investimento aumentano, passando facilmente alle centinaia di migliaia di euro. Queste risorse sono necessarie per la messa a punto del prodotto, l’acquisizione di capacità produttiva e, soprattutto, gli investimenti in comunicazione fondamentali per far conoscere il nuovo prodotto. In sostanza, i 40mila euro iniziali sono di scarsa utilità se rimangono a sé stanti e non associati ad una prospettiva di ulteriori finanziamenti. I bandi regionali sono per loro natura congegnati per fornire contributi una tantum.

Ottimi per sostenere l’avvio di nuove imprese tradizionali o specifici progetti in imprese già avviate; meno adatti alle start-up innovative che hanno piuttosto bisogno di un ecosistema popolato di operatori – come gli incubatori, gli acceleratori o i fondi di venture capital – capaci non solo di aiutarle nella fase di avvio ma soprattutto di accompagnarne lo sviluppo con apporti crescenti di capitale di rischio. Utilizzando i fondi europei è possibile attivare strumenti di ingegneria finanziaria destinati a favorire l’accesso delle imprese al capitale di rischio. Si tratta di strumenti poco utilizzati nel nostro paese, che rimane pervicacemente attaccato a strumenti consolidati come i contributi a fondo perduto o le garanzie sul credito. Per rendere efficace il sostegno alle start-up innovative occorrerebbe innovare anche nelle modalità con cui si fornisce il sostegno.

*Docente di Economia all’Università Politecnica   delle Marche  e coordinatore della Fondazione Merloni



 

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