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Una nuova alluvione ha colpito l’Emilia-Romagna e non solo, causando circa mille sfollati e danni in molte zone. La polemica politica infuria – con gli attacchi alla Regione da parte del centrodestra, mentre l’opposizione chiede al governo di cambiare linea sul clima. Resta un dato di fatto: gli aiuti a famiglie e imprese stanziati dall’esecutivo, a più di un anno dalle alluvioni del 2023, sono quasi fermi.

Il maltempo è tornato a colpire l’Emilia-Romagna. Negli ultimi giorni le immagini di fiumi esondati e strade allagate – con mille sfollati in ER e fortissimi disagi anche nelle Marche – hanno ricordato a molti quelle di poco più di un anno fa, negli stessi territori. Ma hanno anche riacceso l’attenzione sul fatto che i rimborsi alle famiglie e alle imprese coinvolte, in molti casi, non sono ancora arrivati.

A maggio 2023, prima il 2-3 e poi il 16-17 del mese, su Emilia-Romagna, Toscana e Marche si furono alluvioni che causarono 17 vittime. In ER il bilancio fu di oltre 8,5 miliardi di euro di danni, coinvolgendo circa 70mila cittadini e 16mila imprese. La risposta rapida della Regione e del governo arrivò, con i primi fondi stanziati a inizio giugno per compensare le spese più immediate.

Anche sui sostegni iniziali e più urgenti non ci furono grossi intoppi. A luglio vennero stanziati i soldi per un contributo da 3mila euro alle 36mila famiglie coinvolte e un altro sostegno per chi aveva dovuto abbandonare la propria casa. Una situazione in cui, a febbraio di quest’anno, si trovavano ancora poco meno di 1.900 famiglie. I problemi iniziarono dopo, con i ristori da pagare alle famiglie.

Quanti soldi ha stanziato il governo Meloni per le Regioni alluvionate

Ricapitolando, il governo Meloni stanziò i fondi per l’Emilia-Romagna, la Toscana e le Marche principalmente con due decreti. Il primo, arrivato il 1° giugno, valeva 1,6 miliardi di euro (invece dei 2,2 miliardi promessi). Di questi, circa 300 milioni erano rivolti alle aziende esportatrici, poco più di 350 milioni ai lavoratori autonomi in difficoltà e 620 milioni alla cassa integrazione – una misura che in questo caso si sarebbe rivelata poco utile, perché le aziende romagnole hanno fatto molto meno ricorso alla Cig del previsto, e i soldi sono tornati allo Stato.

Il secondo decreto, il 5 luglio, assegnò alle tre Regioni altri 2,7 miliardi di euro, arrivando a un totale di 4,3 miliardi. Soldi che, comunque, non erano pensati tutti per un utilizzo immediato, ma suddivisi nei successivi tre anni. E, soprattutto, in gran parte erano pensati per le opere pubbliche e non per i sostegni diretti a famiglie e imprese.

Con il secondo decreto il generale Francesco Paolo Figliuolo era stato nominato commissario dell’emergenza – una scelta contestata perché Figliuolo, a differenza dei presidenti di Regione interessati, non aveva una conoscenza diretta dei territori coinvolti. In quelle settimane si speculò che il governo Meloni non avesse voluto nominare il presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, per non dargli visibilità nel periodo precedente alle elezioni regionali. Bonaccini, Francesco Acquaroli (presidente delle Marche) ed Eugenio Giani (presidente della Toscana) sarebbero poi stati nominati subcommissari per la ricostruzione dallo stesso Figliuolo.

Quanti aiuti sono arrivati alle famiglie finora

Passato il momento degli aiuti immediati, era arrivato quello dei ristori più sostanziosi. Il commissario Figliuolo aveva messo a disposizione 1,3 miliardi di euro per gli aiuti, di cui 630 milioni di euro per i risarcimenti diretti. Considerando l’entità dei fondi e la platea di potenziali beneficiari, la soglia massima per il sostegno ottenibile da ciascuna famiglia era stata fissata a 20mila euro. Si arrivava fino a 40mila euro, invece, per le aziende.

I numeri sugli aiuti effettivamente erogati non sono molto aggiornati dalle fonti ufficiali, ma la deputata di Forza Italia Rosaria Tassinari ha fatto il punto oggi in Aula: “Da parte delle imprese e dei privati ci sono state mille domande“, ha affermato. Una quantità piuttosto bassa, considerando, come detto, che si stima che siano fino a 86mila le famiglie e imprese coinvolte dall’alluvione.

“Sono stati erogati 14 milioni di euro, che è il 50% del danno richiesto”, ha continuato Tassinari. “Significa che ci sarà uno stanziamento di 28 milioni a rendicontazione, e le domande sono ancora aperte”. Già a gennaio risultava che ci fossero 830 domande in corso di presentazione, per 12 milioni di euro richiesti, soprattutto da parte di famiglie. Ad aprile, il commissario Figliuolo aveva parlato di 1.900 persone iscritte alla piattaforma e 550 domande già prese incarico.

In ogni caso, considerando l’entità dei danni dell’alluvione, i fondi stanziati e la platea coinvolta, si può dire che i numeri siano decisamente bassi. Alla base di queste cifre deludenti ci sono soprattutto i ritardi: basta pensare che i primi pagamenti sono arrivati solo ad aprile di quest’anno.

Perché ci sono tutti questi ritardi

La piattaforma online per richiedere i ristori, chiamata Sfinge, è online dal 15 novembre 2023 – era nata in occasione del terremoto del 2012, ma la Regione l’ha riadattata per questa necessità. Molti hanno però lamentato che le procedure sono macchinose, lente e troppo complesse da gestire. La richiesta di risarcimento deve essere presentata con una lunga lista di allegati (dettagliata in una ordinanza dello scorso novembre). Per dimostrare i danni subiti servono perizie asseverate da tecnici, schede di rilevazione danni compilate da esperti, in molti casi i progetti completi per la ricostruzione. Così, migliaia di famiglie hanno iniziato a commissionare perizie e altre analisi tecniche, che richiedono tempo e denaro.

Poi c’è la fase delle verifiche e dell’approvazione. Si passa dal Comune, alla Regione, fino all’azienda statale Invitalia, poi ritornare al Comune e, in ultimo, al commissario per l’emergenza che autorizza l’erogazione dei soldi. Non a caso, molti di coloro che hanno fatto richiesta abbiano lamentato i tempi lunghi per la gestione delle pratiche. A maggio, ad esempio, risultava che le istanze completate su Sfinge fossero 775, ma meno di cento fossero arrivate all’approvazione di Invitalia, e poche decine fossero state effettivamente rimborsate.

Una polemica ha riguardato anche i beni mobili: per molto tempo, i cittadini non hanno chiedere rimborsi per arredi, mobili, elettrodomestici e altri beni che erano stati danneggiati o distrutti dall’alluvione. Questa possibilità di richiedere è stata aggiunta solo a giugno di quest’anno, e ciascuna famiglia può richiedere fino a un massimo di 6mila euro.

“Al momento famiglie e imprese non hanno ricevuto alcun rimborso”, aveva detto Stefano Bonaccini a Fanpage.it a marzo. “I cittadini che hanno subito danni e che sono riusciti a rendicontare tutto hanno avuto tra i 3mila e i 5mila euro di indennità, e il rimborso per una sistemazione alternativa per chi ha subito l’allagamento della propria casa, e poi nient’altro“, aveva insistito Paola Pula, sindaca di Conselice (uno dei Comuni più colpiti) parlando sempre a Fanpage a un anno di distanza dalle alluvioni.

In quello stesso periodo, il sindaco di Ravenna Michele De Pascale (oggi candidato presidente dell’Emilia-Romagna) aveva detto a Wired: “Mentre per le opere pubbliche sono stati immediatamente stanziati 2,5 miliardi di euro in tre anni, una somma considerevole e persino difficile da spendere, al momento, il commissario può offrire al massimo 20mila euro per famiglia e 40mila euro per impresa”.

Il dibattito sui lavori pubblici sul territorio

Proprio sulle infrastrutture si è in parte spostato il dibattito. Il centrodestra, infatti, ha accusato la Regione di non aver eseguito abbastanza in fretta i lavori di recupero del territorio, e in generare di non averlo curato negli ultimi decenni. I dati della Regione stessa parlavano, prima dell’estate, di 440 milioni di euro erogati da governo e commissario per la ricostruzione pubblica dopo l’alluvione (su cinque miliardi complessivi di danni, quindi meno del 10%), e 300 milioni di euro per la ricostruzione privata (su 3,5 miliardi di danni circa).

In più, la vicepresidente dell’ER Irene Priolo ha lamentato a maggio che non bastasse il numero di tecnici mandati dal governo a seguire i cantieri: “Le 216 persone aggiuntive previste dall’ordinanza commissariale sono poche, ne sono arrivate appena 50 e non esistono graduatorie, perché in tutta Italia ci sono i cantieri del Pnrr. Bisogna cambiare urgentemente la norma”.

Oggi, alla Camera, la deputata romagnola del Pd Ouidad Bakkali ha affermato che la Regione “ha già validato nel mese di luglio” le spese per alcuni interventi più ampi da finanziare con i fondi stanziati lo scorso anno, eha attaccato: “Basta con le falsità sui fondi che dite non essere stati spesi o progettati. I cittadini e le cittadine conoscono quello che è stato fatto in questi mesi per la messa in sicurezza. Fermatevi con la speculazione politica“.

Da parte sua, Tassinari (di Forza Italia) ha replicato: “A Ravenna il sindaco De Pascale ha ricevuto dal governo 47 milioni di euro per sistemare le strade e il territorio, e al momento ne ha chiesti 1,5 milioni. Perché le altre risorse non sono state spese? La Regione Emilia-Romagna a fronte di undici casse di espansione da realizzare ne ha realizzate soltanto tre, altre tre erano in fase di collaudo. Come si fa a dire che è colpa del governo se la situazione è questa?“.

Fatto sta che, mentre si scambiano le accuse sui cantieri da aprire, i risarcimenti restano quasi fermi. E adesso un’altra alluvione ha colpito l’Emilia-Romagna. E, come ha sottolineato il deputato di Azione Matteo Richetti, con tutta probabilità non sarà l’ultima: “Questa volta, questa terra non regge. Qui passa qualche mese da un episodio all’altro, e si continua a non intervenire”.



 

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