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Secondo il rapporto Aifi-Pwc, la raccolta è arrivata a 2,8 miliardi (+43%). Sul mercato si riaffacciano le grandi operazioni. Cipolletta: “Capitali privati cruciali per il piano Draghi, ma il progetto del fondo di fondi va ampliato”

Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi
Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi

I private assets tornano ingolosire gli investitori italiani. Il mercato del private equity e del venture capital tricolore ha infatti mostrato una certa vitalità nel primo semestre del 2024, con una raccolta in crescita annua del 43% a 2,8 miliardi di euro e investimenti per 4,5 miliardi (+40% rispetto a 12 mesi fa). Lo rileva l’ultimo rapporto di AIFI e Pwc, dal quale emerge come a favorire la ripresa siano state soprattutto le infrastrutture e operazioni di expansion o buyout. Un risultato che fa sperare il presidente Innocenzo Cipolletta in una chiusura d’anno positiva ma non senza un intervento del governo, chiamato a guardare oltre il fondo di fondi allo studio e sostenere il comparto nel solco di quanto suggerito da Mario Draghi.

📰 Leggi anche “Il private equity italiano riparte. Ma investe solo al Nord

Expansion e buyout fanno da traino

A spingere gli afflussi, spiega il report, sono state soprattutto alcuni closing di dimensione significativa. Gli operatori che hanno incamerato risorse nel periodo sono stati 18 contro i 20 di un anno prima mentre la raccolta sul mercato si è attesta a 2,7 miliardi, più del doppio rispetto allo stesso periodo del 2023. Le fonti principali di capitali risultano essere fondi pensione e casse di previdenza, che bucano il 24% del totale. Seguono il settore pubblico e i fondi di fondi istituzionali, con un contributo del 15%, poi i fondi sovrani (13%). A livello geografico, il 66% del denaro proviene da invece investitori domestici ma solo per quanto riguarda la raccolta: un risultato che spinge Cipolletta a riconoscere come il ruolo dei player internazionali si sia consolidato e sia diventato “sempre più strategico per le imprese nazionali”. Le operazioni che interessano maggiormente sono invece quelle di expansion (43%), cioè investimenti di minoranza in aumento di capitale finalizzati alla crescita dell’azienda, e buyout (35%).

La raccolta ai raggi X

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Evoluzione raccolta totale di private equity e venture capital dal 2020 al 2024. Fonte: Pwc e Aifi. 

Il ritorno delle grandi operazioni

Incoraggiante è anche il dato sull’ammontare investito: i round di private equity e venture capital hanno infatti totalizzato nel semestre 4,5 miliardi di investimenti, con un incremento annuo del 40%. Va evidenziata soprattutto la presenza di sette deal sopra i 150 milioni di euro di controvalore, contro i tre dello scorso anno: un segnale del fatto che stanno finalmente tornando le grandi operazioni, sebbene il numero totale di deal si attesti in calo tendenziale del 14% a quota 299 (distribuiti su 227 società). Un discorso simile vale anche per il venture capital, segmento in cui l’ammontare messo sul piatto dagli operatori è arrivato a sfiorare i 500 milioni (+21%) a fronte del 17% in meno di iniziative: altra indicazione di un progressivo aumento del taglio medio.

Lo spaccato degli investimenti

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Evoluzione attività di investimento dal 2020 al 2024. Fonte: Pwc e Aifi. 

Il ruolo del venture capital e gli altri investimenti

Nel dettaglio, le operazioni di venture capital sono diminuite del 17% a quota 193 mentre l’ammontare investito è aumentato del 21% e ha raggiunto un valore di 494 milioni di euro. L’expansion ha invece mostrato una crescita del 76% nell’ammontare, pari a 370 milioni, e del 28% nel numero, con 23 operazioni. Per quanto riguarda le infrastrutture, gli investimenti sono passati da 14 a sette nel giro di un anno ma il totale dei relativi impieghi è cresciuto del 146% a 649 milioni di euro. Le iniziative di turnaround, finalizzate cioè al sostegno di imprese in difficoltà, sono state solamente cinque (erano quattro alla fine del primo semestre 2023) per un ammontare pari a 48 milioni (+66%).

Settori: sul podio tech, medicina e industria

Guardando ai singoli settori di investimento, ad attrarre la maggior quantità di risorse è stata la tecnologia: 93 le operazioni chiuse in questo segmento e 930 i milioni di euro complessivamente investiti, quasi un quinto del totale. Segue l’ambito medicale, con 51 deal e 285 milioni impiegati, mentre il terzo gradino del podio va alla categoria beni e servizi industriali, che fanno registrare 744 milioni di afflussi su un totale di 49 iniziative.

📰 Leggi anche “Private equity, operatori positivi. I settori più promettenti

Il fondo di fondi non basta
Federico Freni, sottosegretario di Stato al ministero dell'Economia e delle Finanze
Federico Freni, sottosegretario di Stato al ministero dell’Economia e delle Finanze

I numeri del primo semestre sembrano aver convinto Cipolletta, che ha confermato di intravedere “prospettive positive” anche per la chiusura dell’anno. Tuttavia, il numero uno di Aifi non mancato di sottolineare quanto un maggiore sostegno da parte delle istituzioni sia fondamentale per dare vero slancio al settore. “Il piano Draghi parla di 800 miliardi di euro per far ripartire l’Europa ma questi capitali non possono arrivare tutti dal mondo pubblico”, ha detto il presidente, “ecco perchè il ruolo dei mercati privati deve essere valorizzato con il supporto del governo”. In altre parole, Cipolletta crede che lo Stato debba “fare di più” per questo mercato e che l’attenzione mostrata finora sia limitata: “Non si apprende bene quali siano i confini private capital e lo si reputa un’alternativa alla banca o alla Borsa anziché un elemento di complementarità fondamentale per un Paese, come l’Italia, caratterizzato dal PMI che necessitano di investitore professionale ed accorto”. Un primo sforzo, in questo senso, viene individuato dal manager nell’andare oltre il fondo di fondi annunciato dal viceministro dell’Economia Federico Freni allo scorsa edizione del Salone del Risparmio: “Se lo scopo primario di questo veicolo è la quotazione in Borsa”, spiega, “si tratta di un’iniziativa riduttiva”. Dal suo punto di vista è quindi importante “avere una dimensione di capitali importati” e che “non prenda risorse di altri investitori istituzionali”, perché finirebbe per cannibalizzare il mercato.

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