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Si infittiscono i dubbi e le perplessità sulla convenzione sottoscritta il 30 settembre 2016 tra il Comune di Bari e l’impresa attuatrice del programma Ers (Edilizia residenziale sociale) di Parco Gentile a Santo Spirito. Infatti, dopo l’incontro tecnico svoltosi lunedì scorso al Comune tra i difensori degli assegnatari sotto sfratto esecutivo, Caldarola e Mariani, da un lato ed il direttore della Ripartizione Erp (edilizia residenziale pubblica), Ceglie, e la neo vice sindaco Giovanna Iacovone dall’altro, per tentare di risolvere una vicenda che, se a breve non troverà una composizione bonaria tra gli inquilini assegnatari di alloggi sociali e la nuova società proprietaria degli immobili, rischia di lasciare senza un tetto una ottantina di famiglie disagiate che nel 2020, a seguito di un apposito bando comunale, erano risultate assegnatarie di altrettante unità abitative a canone agevolato, ma che in realtà tale non è stato per una serie di “leggerezze” che l’ex amministrazione Decaro potrebbe aver commesso, in sede di convenzione, con il soggetto imprenditoriale attuatore del piano Ers, la società “Parco Gentile srl” – per l’appunto – facente capo ad un noto imprenditore edile barese. Infatti, come abbia già avuto modo di riferire in altro nostro servizio, pubblicato venerdì scorso, il Comune di Bari anche con l’housing sociale potrebbe aver favorito più i “palazzinari” che i nuclei famigliari necessitati, per particolari ragioni di disagio, a conseguire un alloggio a canone calmierato. Canone che, nel caso di Parco Gentile, in realtà calmierato non era, considerato che a conti fatti, il costo complessivo mensile di detti alloggi, situati alla periferia della periferia di Bari, su un’area a ridosso della SS. 16 bis e della SP 91 (Bitonto-Santo Spirito) ed attorniata da suoli agricoli, alla fine si è rivelato addirittura pari (e in qualche caso, anche superiore) a quello di analoghe abitazioni del mercato libero praticato in piena area urbane a Palese e Santo Spirito. Un costo mensile, questo, ovviamente non sostenibile da molte delle famiglie assegnatarie degli alloggi di Parco Gentile, tanto è che parecchie di esse hanno già rinunciato a detti alloggi sociali, trasferendosi altrove. Mentre altre ancora, non potendo far fronte ad un costo abitativo definito “sociale”, ma solo in teoria, sono finite sotto sfratto esecutivo ed ora sono costrette a sperare nell’esito di un ricorso al Tar-Puglia, presentato da un assegnatario patrocinato dall’amministrativista Giuseppe Mariani, per fare chiarezza su talune modalità con cui nel 2016 il Comune di Bari ha determinato l’entità di detti canoni agevolati e, soprattutto, sulla legittimità di talune clausole contrattuali previste dalla citata convenzione. Però, l’auspicio maggiore è che ora, dopo il “Tavolo tecnico” svoltosi lunedì scorso tra i legali degli assegnatari e la neo vice del sindaco Vito Leccese, sia lo stesso Comune ad assume iniziative concrete, atte a bloccare gli sfratti, prima ancora delle misure cautelative che potrebbero eventualmente assumere i giudici baresi di piazza Massari. Però il problema dell’housing sociale di Parco Gentile a Santo Spirito non è solo quello di risolvere nell’immediato la situazione, per le morosità pregresse, ma è anche quello di sistemare la questione anche per il futuro. Infatti, si chiedono molti cittadini, “come è potuto accadere che rilevanti agevolazioni pubbliche, consistenti in esenzione totale del tributo sui costi di costruzione e contributi regionali a fondo perduto (circa 20mila euro per unità alloggiativa) e concesse per favorire il diritto alla casa di cittadini e nuclei famigliari in condizioni di particolare disagio, per condizioni economiche o sociali (presenza in famiglia di handicappati, disoccupati, etc.), ora rischiano di essere vanificate per la parte debole, ossia i destinatari dell’housing sociale, risultando invece vantaggiose solo per i costruttori e proprietari di detti alloggi?”. Di certo qualcosa non ha funzionato al riguardo e le ipotesi più probabili sono quelle di clamorosi “errori” che la Regione Puglia, erogatrice del “bonus” economico per la realizzazione del Piano di edilizia sociale di Parco gentile ed il Comune di Bari, soggetto promotore del Piano e della convenzione con i soggetti attuatori del programma di housing sociale, potrebbero aver commesso fin dall’inizio nella determinazione ed accoglimento delle misure contemplate dal bando pubblico per la realizzazione di detto programma. Infatti, che il Piano di edilizia sociale del Comune di Bari a Parco Gentile sia stato fallimentare è attestato non soltanto da ciò che è accaduto con gli inquilini risultati assegnatari da bando comunale del 2020, ma da ultimo anche dall’esito del bando di assegnazione di ulteriori 60 unità alloggiative, chiusosi il 30 giugno scorso e che, a fronte di una mole notevole di  famiglie baresi bisognose di unità abitative a canone calmierato o ad un eventuale acquisto a prezzo agevolato, ha registrato la partecipazione di appena 21 concorrenti. Motivi? Quasi sicuramente gli stessi per cui molti degli assegnatari del precedente bando hanno preferito abbandonare l’alloggio e molti di quelli che non hanno rinunciato, invece, sono poi finiti sotto sfratto per insostenibilità del costo alloggiativo. Secondo qualche bene informato, a Parco Gentile le cifre spropositate dei canoni sociali sarebbero scaturite non tanto dalla percentuale (il 3,5%) applicata al valore dei singoli immobili per il calcolo annuo dell’affitto, quanto dal prezzo stimato di una eventuale cessione degli stessi, che – sempre secondo il bene informato – si sarebbe aggirata introno a 1900 Euro a mq. Una cifra che, se vera, è sicuramente esosa e sproporzionata per degli alloggi di edilizia, in fin dei conti, popolare e che in altri contesti e per analoghi piani la base di costo non ha superato i 1400 euro a mq. Ma se cosi fosse, a far chiarezza non dovrebbero essere solo i giudici del Tar Puglia, invocati con il ricorso di uno degli inquilini morosi di Parco Gentile, ma piuttosto l’Autorità giudiziaria inquirente, che – come è noto – è l’unica competente a poter dissipare dubbi, o smascherare eventuali errori od omissioni di chi ha il potere di gestire il pubblico denaro, ma ha anche il dovere di controllare che venga investito correttamente e per le finalità previste.

 

 

Giuseppe Palella

Pubblicato il 11 Settembre 2024



 

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