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Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ViterboToday

Con la presente lettera aperta, il neo costituito comitato cittadino del comune di Valentano per la difesa dell’acqua pubblica si rivolge a sua eccellenza per portare alla sua attenzione l’incresciosa situazione che si è venuta a creare nella provincia di Viterbo a seguito dell’acquisizione da parte della società Talete della gestione dei servizi idrici. Come lei certamente saprà, la Regione Lazio, in attuazione della legge numero 36 del 5 gennaio 1994, cosiddetta legge Galli, nel corso del 2022 ha obbligato tutti i comuni della provincia, che ancora non avevano aderito, a cedere la gestione del servizio idrico a detta società, anche tramite l’emanazione di appositi atti di commissariamento.

Tra gli ultimi comuni interessati dai provvedimenti di cui sopra, figura anche il comune di Valentano, stante il ricorso per l’annullamento del decreto commissariale dapprima presentato dall’ente locale, risultato però soccombente presso il Tar del Lazio. A seguito della complessa situazione giuridica delineatasi, nel mese di giugno sono state recapitate le prime bollette caratterizzate dal sistema tariffario individuato dall’Egato numero 1 “Lazio nord/Viterbo” per l’anno 2023, a cui si sommeranno, a breve, le ulteriori fatturazioni da parte di Talete spa, che saranno altresì caratterizzate dall’applicazione dell’intero tariffario d’ambito tipico del gestore unico, dunque con il profilarsi di un’ulteriore aumento del 35%.

A parte lo sgomento e la rabbia che tali bollette suscitano nella popolazione, a causa di aumenti cervellotici e ingiustificati, si è diffuso nella popolazione un sentimento comune di scoramento dovuto al fatto che, con l’applicazione di tali tariffe e costi, la popolazione stessa si è vista calpestare un diritto fondamentale come quello di accesso all’acqua, considerato universalmente un bene primario. Infatti, come ribadito dal referendum popolare dell’anno 2011 su tale tema, l’acqua è un bene primario e pubblico. Ora noi, come cittadini, ci siamo posti alcune domande alle quali non siamo riusciti a dare risposta. Nella speranza che lei, signor prefetto, possa soddisfare le nostre perplessità in merito, siamo a rivolgerle le stesse domande.

1. Perché se un comune riesce a gestire in proprio il servizio idrico, mantenendo i valori della potabilità dell’acqua entro i limiti previsti dalla legge, praticando tariffe e costi accessibili a tutta la popolazione, deve essere costretto a cedere tale servizio a Talete? Pur consapevoli delle pronunce emanate da Tar del Lazio e dal consiglio di stato nel merito, sua eccellenza converrà con gli scriventi che l’impianto normativo all’uopo vigente non può dirsi rappresentativo della volontà popolare, e ne sono dimostrazione i numerosi ricorsi che hanno caratterizzato negli anni i complessi rapporti tra Talete e i comuni proprietari.

2. Se un comune, nella gestione dell’acqua pubblica, riesce a praticare costi contenuti permettendo a tutti di usufruire di tale servizio, perché tale condizione non deve essere mantenuta da Talete?

3. Come più volte riferito dalla stampa locale, la società Talete verserebbe in una complessa e delicata situazione economica-finanziaria, come testimonierebbe il maldestro tentativo della Provincia di Viterbo di fare entrare capitali privati dentro tale società nonostante il referendum sopra citato. Allora ci chiediamo, se è vero quanto sopra, perché in tutti questi anni non è mai stata contemplata la procedura concorsuale di liquidazione? Come mai l’azienda parrebbe produrre oggi utili per appena 72mila euro, stante anche i considerevoli aumenti che, nel tempo, hanno interessato invece la tariffa d’ambito?

4. Perché imporre gli obblighi previsti da una legge che porta un grave nocumento alla popolazione?

Come vede signor refetto sono quattro semplici domande ma, nonostante ciò, non siamo stati capaci di dare una risposta, o forse sì. A noi l’atteggiamento della Regione Lazio su tale tema è sembrato a dir poco vessatorio, poiché si è voluto imporre tale obbligo pursapendo che per la cittadinanza tutta ci sarebbe stato un aggravio dei costi che vanno anche oltre le tre volte quelli praticati originariamente dagli enti locali. Va da sé, signor prefetto, che una situazione siffatta vada a destabilizzare completamente la capacità di acquisto delle famiglie, già duramente provate dagli aumenti indiscriminati e incontrollati dei prezzi dell’energia e, di conseguenza, a caduta, di un aumento dell’inflazione. In queste condizioni, non saranno solo le fasce economicamente più deboli a soffrire, cosa che in un paese civile quale è l’Italia non dovrebbe mai accadere, ma viene interessato tutto il tessuto sociale, con attività economiche che si vedranno costrette a chiudere i battenti, con conseguente perdita di posti di lavoro e persone che si vedranno costrette a tirare a sorte sulla scelta di quale bolletta pagare, se luce, gas o scqua. Una situazione del genere, oltre a porre le basi per una depressione generale, favorisce una perdita di fiducia nelle istituzioni, che giammai dovrebbero permettere che ciò si verifichi.

Concludendo, signor prefetto, abbiamo deciso di rivolgerci a lei, in qualità di massima autorità governativa della provincia, nella speranza che lei possa essere in grado di rispondere alle nostre domande. Ma, confidando nelle sue qualità umane e di uomo di stato, le chiediamo anche di perorare la nostra causa, nella consapevolezza che la nostra protesta, nel pieno rispetto delle leggi dello stato, proseguirà forte e dura in tutte le sedi possibili e immaginabili e sotto tutte le forme lecite, fino al momento in cui non verrà riconosciuto il diritto della popolazione all’accesso all’acqua che è, e deve restare, un bene naturale e un diritto umano universale.

Comitato per l’acqua pubblica Valentano

 

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