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Bonus facciate, bonus ristrutturazioni, ecobonus per installazione di impianti di riscaldamento a Gpl o metano. Tre misure varate negli ultimi anni dal governo italiano che concedono incentivi fiscali sotto forma di credito di imposta (ovvero una somma detratta dall’importo delle imposte da pagare o, in alcuni casi, direttamente rimborsabile) per chi effettua determinati lavori edilizi nella propria abitazione. Un meccanismo sul quale si è concentrata l’indagine della Guardia di Finanza di Como denominata “Casa fantasma” che ha scoperchiato una colossale frode su tali bonus edilizi: un meccanismo, quello messo in piedi dagli indagati, sette persone in tutto, che era finalizzato alla creazione, cessione e monetizzazione di falsi crediti d’imposta per lavori mai eseguiti ovvero iniziati e mai completati, per un totale di 36’413’735 euro.

Sette persone sono state colpite da misure di custodia cautelare, sei in carcere e una ai domiciliari, ed è stato eseguito il sequestro preventivo di beni per 28,5 milioni di euro derivanti dal reato di truffa aggravata ai danni delle Stato e dei reati tributari e dei crediti d’imposta fittizi nella disponibilità della società.

In particolare le indagini, iniziate nel 2022, si sono concentrate su una società con sede a Como e operante nel settore dell’edilizia che, negli ultimi anni, aveva avuto un’esplosione di fatturato passando da ricavi di poche migliaia di euro ad oltre 36 milioni, in assenza di mezzi, attrezzature e personale.

Come funzionava la truffa

In primo luogo, veniva simulata l’effettuazione dei lavori, presupposto per ottenere i bonus fiscali, tramite la creazione di una documentazione amministrativo-contabile completamente falsa che veniva poi inviata dalla società all’Agenzia delle entrate per generare i falsi crediti di imposta su lavori di ristrutturazione, di efficientamento energetico e di restauro delle facciate effettuati prevalentemente in Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria.

Le indagini hanno permesso di riscontrare una serie di illeciti: in alcuni casi gli immobili sui quali sarebbero stati compiuti i suddetti lavori erano inesistenti, in altri casi mancavano le autorizzazioni obbligatorie previste, in altri ancora erano falsi sia i contratti di appalto, stipulati con clienti del tutto ignari, sia le attestazioni di pagamento create ad arte mediante l’utilizzo di semplici programmi di grafica.

Gli ignari committenti dei lavori risultavano dunque beneficiari di uno “sconto in fattura”, il cui importo sotto forma di falsi crediti di imposta veniva ceduto dalla società a terzi e fatto fruttare in vari modi: le somme vantate a credito venivano utilizzate per compensare le dichiarazioni dei redditi di altri soggetti giuridici, oppure monetizzate tramite la cessione a istituti di credito che li liquidavano immediatamente.

L’ultimo step del meccanismo fraudolento comprendeva vari reati tributari, compiuti tramite il ricorso a quattro società “cartiere”, che permettevano di giustificare, tramite false fatture, la liquidità accumulata con la monetizzazione dei falsi crediti e di abbattere la tassazione sui redditi e l’Iva generata dall’ingente mole di fatturato derivante dall’esecuzione dei falsi lavori edili.

Per gli indagati i reati ipotizzati sono di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture inesistenti, omesso versamento Iva e indebita compensazione di crediti non spettanti.

 

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