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Qualche minuto dopo mezzogiorno di sabato 4 settembre 2024, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è salito sul palco del teatro Splendor di Aosta per il suo discorso durante la cerimonia dell’80° anniversario della Resistenza, della Liberazione e dell’autonomia della Valle d’Aosta.
La precedente visita del Presidente risale al 10 novembre 2018, quando partecipò alla Scuola per la Democrazia organizzata dal Consiglio Valle.

Sergio Mattarella è arrivato ad Aosta alle 11.25: scendendo in via Festaz dall’auto presidenziale è stato salutato dal presidente della Regione Renzo Testolin, che lo aveva precedentemente accolto all’aeroporto Corrado Gex, e dal sindaco Gianni Nuti. A differenza di sei anni fa, il presidente della Repubblica ha saluto lo sparuto gruppo di persone che lo ha aspettato al teatro, dove si è svolta la cerimonia che era dedicata alla promulgazione dei decreti legislativi luogotenenziali del 7 settembre 1945, che hanno posto le basi dell’autonomia della Valle d’Aosta, le cui date e i protagonisti sono stati ricordati da una rappresentazione bilingue del gruppo teatrale Digourdì.

Sergio Mattarella assiste alla rappresentazione teatrale di Le Digourdì
Sergio Mattarella assiste alla rappresentazione teatrale di Le Digourdì

Il discorso di Sergio Mattarella

«È la storia a parlare – ha continuato il Capo dello Stato – la Valle è sempre stata un elemento costitutivo del divenire d’Italia, era stata impegnata nelle lotte per il Risorgimento e nella Prima guerra mondiale, un’esperienza unica nei territori e nelle popolazioni di frontiera. La Valle ha saputo interpretare appieno i valori della gente di montagna, un tempo depositaria e crocevia di incontri e di scambi. Orgogliosa e custode della propria autonomia, seppe farsi ascoltare nel pieno della lotta, sino a ottenere dal governo Bonomi l’impegno solennemente annunciato il 16 dicembre del 1944 dal Presidente del Consiglio in un messaggio. La garanzia dell’autonomia amministrative e culturale assieme alla espressione dell’ elogio rivolto, come scrisse Bonomi, ai patrioti a tutta la fedele popolazioni della Val d’Aosta per la lotta intelligente, aspra, tenace e continua che a prezzo di enormi sacrifici conducono in difesa della libertà e della unità della Patria. La classe dirigente che si apprestava ad assumere responsabilità in Valle aveva radici piantate solitamente nella Resistenza. Émile Chanoux, tra i fondatori della Jeune Valleé d’Aosta, e come ho ricordato martire della libertà, Federico Chabod, il partigiano Lazzaro, primo presidente del Consiglio della Valle.
Duro è il prezzo pagato dai partigiani e dalla popolazione civile dai soldati di origine valdostana, trasferiti nei campi di internamento in Germania. Un sacrificio che ha visto la Repubblica attribuire alla Val d’Aosta la Medaglia d’oro al Valor militare. Memori della oppressione fascista le genti valdostane si interrogarono allora su quale percorso fosse di miglior garanzia in un quadro di libertà entro cui la loro autonomia potesse esprimersi liberamente, nello spirito di quella Carta di Chivasso o Dichiarazione dei rappresentanti delle Popolazioni alpine che aveva visto esponenti delle cosiddette valli valdesi ed esponenti valdostani nel dicembre ’43 progettare il futuro. Nella Dichiarazione si denunciava il ventennio di malgoverno livellatore e accentratore, che aveva portato le valli alla oppressione politica, alla rovina economica, alla distruzione della cultura locale e si rivendicava libertà di lingua e di culto, con un regime repubblicano su base regionale e cantonale. Non a caso indica anche una prospettiva Europea. Si coglie qui come il sentimento che prevaleva era assegnato anche dalla delusione verso Casa Savoia, alla quale la Valle si era sempre sentita vicina e i risultati del referendum istituzionale del ’46 furono impietosi: 28mila voti per la Repubblica, 16mila per la monarchia»
.

«Nel frattempo l’autonomia annunciata dal presidente Bonomi aveva fatto strada – ha ripercorso Sergio Mattarella – Il 29 maggio ’45 veniva istituita una Commissione presieduta dal sottosegretario Luigi Chatrian, di origine valdostana. È di lì a poco, l’11 luglio ’45, due decreti luogotenenzali definivano la nascita della Circoscrizione autonoma della Valle d’Aosta e le norme economiche tributarie per sorreggerne l’attuabilità. Il 10 gennaio del ’46, appena nove giorni dopo la fine dell’amministrazione straordinaria degli Alleati, si insediava il primo Consiglio della Valle, che elesse come abbiamo poc’anzi visto, il suo presidente Federico Chabod. In quella prima seduta furono ripristinati i toponimi dei Comuni che erano stati distorti dal fascismo. In parallelo con il processo elettorale per l’Assemblea costituente, il Consiglio della Valle iniziava un lavoro diretto dotarsi di uno Statuto che ne definisse compiutamente attività e modalità di funzionamento. La popolazione valdostana, accanto suo rappresentante alla Costituente, Giulio Bordon, eletto per le sinistre è Luigi Chatrian, eletto nel Collegio unico nazionale per la Democrazia Cristiana, avrebbe potuto contare anche sulla interlocuzione diretta espressa dal proprio Consiglio di Valle. Potremmo dire che furono due processi che si affiancarono: il contributo valdostano portato a termine dal nuovo presidente Severino Caveri servì alla definizione dell’articolo 116 della Costituzione, con la previsione di condizioni particolari di autonomia per Sicilia, Sardegna, Val d’Aosta, Trentino Alto Adige. Gli Statuti di queste regioni, come è noto, venivano approvati con leggi costituzionali nel gennaio del ’48 appena prima della conclusione dei lavori dell’assemblea costituente, senza ricorrere a garanzie internazionali, tentazione che pure si era affacciata nel dibattito pubblico, anzi, avendo assunto a suo tempo la responsabilità di invitare la Francia al ritiro delle sue truppe che a cavallo della Liberazione avevano superato i confini fra i due paesi».

«La Val d’Aosta intraprendeva così la via di un’autonomia effettiva, capace di tutelare le differenze e l’entità della propria popolazione – ha evidenziato il Presidente della Repubblica – come testimoniava l’articolo 38 dello Statuto, che è in merito alla lingua e l’ordinamento scolastico affermava la parificazione della lingua francese a quella italiana. Questione non secondaria, stante il tentativo precedente, fascista, di imporre l’italiano come unica lingua. Ebbene, di fronte a perplessità e ostilità che si manifestavano in Assemblea su questa misura di parificazione, un intervento accorato dell’onorevole Chatrian ricordò nella discussione generale del 30 gennaio ’48 come la conoscenza e l’uso del francese costituissero un patrimonio, una ricchezza dei valdostani, sia di coloro che vivevano in Valle, sai di coloro costretti a emigrare. Ciò, aggiungeva, non ha mai significato e non significa che la Val d’Aosta non sia italianissima e profondamente legata alla patria italiana come dimostrano tutte le pagine della sua storia, come dimostra la lotta dei Partigiani nella guerra di Liberazione e come dimostra soprattutto, diceva, il sacrificio degli Alpini valdostani nella Prima guerra mondiale, in cui il Battaglione Alpini Aosta, il solo su 61 battaglioni alpini, ha ottenuto il massimo riconoscimento del valore, la Medaglia d’oro al Valor militare. A dar man forte a queste parole si aggiunse con vigore Bordon, efficace fu l’intervento di Giuseppe Micheli, del gruppo della Democrazia Cristiana. L’anziano parlamentare, ministro della Marina mercantile nel secondo governo De Gasperi, rammentando che la questione della lingua non era stata posta per il Trentino Alto Adige, fece riferimento al dibattito avvenuto nel 1914 alla Camera, in ordine al finanziamento delle scuole di lingua francese nella Valle, per citare la frase generosa, come disse l’onorevole Baccelli, già ministro della Pubblica istruzione, grande personaggio Guido Baccelli, che ebbe a dire la Valle d’Aosta ha un dovere verso la lingua italiana e un diritto verso la lingua francese. Ancor maggior rilievo ebbe l’osservazione di Micheli circa il fatto che fosse consentito dallo Statuto Albertino servirsi del francese ai membri delle Camere che appartengono ai Paesi in cui questa è in uso o in risposte ai medesimi. Per concludere, diceva, lo Statuto Albertino viene ora ad essere sostituito da questa Costituzione, che deve essere più larga di quella di allora, noi non possiamo, creando nuove autonomie, far sì che questo Statuto che viene incardinarsi, appunto nella Costituzione possa portare limitazione a un diritto che queste popolazioni hanno sempre avuto. Il principio che l’Assemblea costituente affermava era esplicito: non potevano essere considerate straniere in Italia lingue parlate la cittadini italiani radicati sul suo territorio. Non si era e non si è stranieri in casa propria quale fosse quale sia la propria lingua, cultura, religione».

«Si trattava della diretta conseguenza dei principi fondamentali della nostra Costituzione – ha proseguito Sergio Mattarella, dopo una prima interruzione con gli applausi – lo rende esplicito l’articolo 3. Ecco perché valorizzare le specificità delle comunità collocate alle frontiere, e l’Italia ha arricchito i valori di convivenza della nostra civiltà. Il tema della tutela delle minoranze linguistiche ha trovato collocazione all’articolo 6 della nostra Carta fondamentale. Ne costituisce attuazione anche la legge 482 del ’99, sulla tutela delle Minoranze linguistiche storiche, che ha introdotto una disciplina organica, così come nelle Regioni con autonomia Speciale si trovano specifica disposizione di tutela di minoranze presenti nel territorio. È il caso dell’articolo 40 bis dello Statuto della Val d’Aosta che riconosce, alle popolazioni in lingua tedesca dei Comuni della Valle del Lys, comunemente riconducibili al popolo dei Walser, il diritto alla salvaguardia delle tradizioni proprie linguistiche e culturali. Si tratta di una ricchezza di un vanto per la Repubblica. È un valore, quello delle terre dei popoli di frontiera, che la Unione Europea ha saputo far crescere e valorizzare ulteriormente, dando sempre maggiore spessore alla nostra comune cultura europea. L’edificio della democrazia è opera che si perfeziona giorno dopo giorno, anche attraverso indicazioni di principio. Semi gettati che nel tempo producono frutti, rafforzando la democrazia. La interazione tra la Valle e gli ordinamenti e la Repubblica è stata di grande successo. La Valle è un esempio di tutela delle proprie risorse di promozione culturale e di apertura. Anche con il Polo universitario, che di qui a poco visiterò, e che con il suo estremamente d’incontro tra la tradizione francese e quella italiana, concorre in modo inestimabile alla valorizzazione del patrimonio culturale di ricerca, in Italia ed in Francia, e alla identità condivisa».

«Solitamente Aosta e la sua Valle costituiscono uno dei cardini del sistema delle autonomie della Repubblica – ha quindi concluso il Capo dello Stato, interrotto ancora due volte dagli applausi dalla platea dello Splendor – una Repubblica, ce lo ricorda l’articolo 114 della Costituzione, che non è soltanto riassunta nell’ordinamento statale, ma è costituita come lì è scritto e dichiarato, dai Comuni, dalle Province, dalle Regioni, dallo Stato. Quale migliore riconoscimento per la battaglia dell’autonomia orgogliosamente condotta con successo in Val d’Aosta, alla lezione di libertà, di patriottismo, di laboriosità delle genti valdostane a ottant’anni dall’avvio del cantiere dell’Autonomia e alla vigilia degli ottant’anni della Liberazione. La Repubblica oggi rende omaggio».

Il discorso di Renzo Testolin

Prima di Sergio Mattarella il presidente della Regione, Renzo Testolin, non aveva nascosto la sua «grande emozione ed orgoglio nel celebrare questa ricorrenza così importante per la nostra comunità, un momento che ha l’ambizione di dare la giusta evidenza al fil rouge tra la storia e il futuro di questa Regione.
La ringraziamo, signor Presidente, per questo suo importante e prezioso gesto di attenzione e di vicinanza che l’ha portata qui, ad Aosta, a condividere un percorso di celebrazione riguardante le radici storiche, istituzionali e morali della Regione autonoma che mi onoro oggi di rappresentare»
.

«L’appuntamento odierno si inserisce in un calendario di eventi che celebra l’80esimo anniversario della lotta di Resistenza, della Liberazione dal nazifascismo e dell’autonomia della Valle d’Aosta – ha ricordato il presidente della Regione – un percorso, oggetto di una specifica legge regionale, che si sviluppa in cinque anni e che parte dal ricordo della sottoscrizione, il 19 dicembre 1943, della Dichiarazione dei rappresentanti delle popolazioni alpine, conosciuta come Carta di Chivasso, fino a giungere alla promulgazione dello Statuto speciale per la Valle d’Aosta il 26 febbraio del 1948 da parte del primo Presidente della Repubblica, Enrico De Nicola. La sua presenza, signor Presidente, ci offre dunque un’autorevole occasione per riannodare i fili della nostra plurisecolare storia caratterizzata da identità e specificità culturali, linguistiche e politico-istituzionali, inserendo questo recupero della memoria in una riflessione più ampia sulle prospettive della nostra autonomia. Oggi vogliamo cercare di trasmettere non soltanto una fotografia in bianco e nero di momenti storici che lei conosce molto bene, ma vorremmo essere capaci di renderla partecipe del sentimento, della passione e dell’entusiasmo che ha caratterizzato, nel tempo, la specificità del nostro territorio di cui la rappresentazione introduttiva proposta dai giovani del gruppo teatrale Digourdì ci ha offerto un’efficace sintesi. Il processo storico che portò al riconoscimento a livello costituzionale del principio dell’autonomia regionale, speciale e ordinaria, e all’approvazione dello Statuto speciale di autonomia, realizza, al di là delle norme specifiche, alcuni principi sanciti dalla legge fondamentale della nostra Repubblica».

«La reconnaissance du plurilinguisme comme élément d’égalité affirme constitutionnellement notre parcours historique de terre de frontière et nous identifie encore aujourd’hui comme un élément important de liaison dans ce plan de collaboration entre l’Italie et la France que vous, Monsieur le Président, avez voulu relancer à travers le Traité du Quirinal – ha quindi dichiarato Renzo Testolin, doppiato in italiano dall’interprete sia al teatro Splendor sia nel maxi schermo allestito davanti alla nuova sede dell’ateneo valdostano – la langue française demeure donc l’aspect le plus caractéristique de la spécificité valdôtaine, développée sur notre territoire en même temps et de la même manière que dans les autres régions francophones des Alpes occidentales: un patrimoine culturel qui situe pleinement notre région dans le domaine de la francophonie mondiale et qui s’accompagne de la pratique encore vivante des dialectes francoprovençaux et germaniques, dont l’importance est aujourd’hui reconnue au niveau législatif. La natura montana del territorio valdostano è poi indubbiamente alla base delle particolari condizioni geografiche evocate negli atti fondativi dell’autonomia speciale, che riguardano anche il suo dualismo, efficacemente sintetizzato dalla locuzione “cellule et carrefour”: il carattere di cellula conservativa dei valori della civiltà alpina, costretta in passato a lunghi periodi di isolamento, e al tempo stesso antico crocevia di comunicazioni tra il nord Europa e la penisola italiana, attraverso i colli e, oggi, anche attraverso i trafori alpini. Un ruolo transnazionale enfatizzato dalla fissazione, in tempi relativamente recenti, degli attuali confini di Stato. Anche questa nostra peculiarità oggi deve essere ascoltata e considerata soprattutto nella predisposizione delle nuove normative sulla montagna, perché alle condizioni geografiche sono evidentemente collegate le condizioni economiche e la necessità di sostenere la produttività delle aziende locali e di importare gran parte dei beni di consumo, da qui anche la previsione statutaria della Zona franca e di un particolare regime fiscale e finanziario, principio recentemente rilanciato attraverso il dialogo che la Commissione paritetica, prevista dal nostro Statuto di autonomia, ci mette a disposizione come un momento di confronto privilegiato tra Stato e Regione».

«Benché non esplicitamente menzionata tra le motivazioni dell’autonomia regionale attuale – ha continuato il presidente della Regione – va infine ricordata l’antica e persistente tradizione di autogoverno che si sviluppò sin dalla fine del XII secolo, stimolata dalla necessità di risolvere localmente le problematiche comunitarie prodotte dalle difficili condizioni ambientali. Tradizione che si è pienamente espressa con l’istituzione nel 1536 del Conseil des Commis con ampi poteri di governo. Fu tale tradizione autonomista, così come il desiderio di salvaguardare l’identità locale, a nutrire la cultura politica del gruppo di intellettuali, professionisti, sacerdoti, contadini e operai, che formarono, sin dalla metà degli anni ’20 del secolo scorso, un nucleo di resistenza che prese il nome di “Jeune Vallée d’Aoste”. Con la caduta del regime, fu la saldatura tra questo gruppo e le altre componenti dell’antifascismo presenti sul territorio a caratterizzare il movimento resistenziale in Valle d’Aosta in senso fortemente autonomista e ad assicurargli il necessario consenso popolare, malgrado l’assassinio del leader della “Jeune Vallée d’Aoste” Émile Chanoux, convinto sostenitore del pensiero federalista e del ruolo pacificatore di ponti tra le Nazioni da affidarsi alle minoranze linguistiche. Le celebrazioni dell’ottantesimo vedono dunque oggi, signor Presidente, la sua presenza in Valle d’Aosta in una data carica di significato. Come ricordato, il 7 settembre del 1945 veniva, infatti, promulgato il decreto legislativo luogotenenziale numero 545. Fu con questo atto normativo che la Valle d’Aosta venne costituita come circoscrizione autonoma con un ordinamento amministrativo speciale, entro l’unità politica dello Stato italiano, sulla base dell’eguaglianza dei diritti di tutti i cittadini italiani e che ispirano la vita della Nazione. Questo riconoscimento di originalità della nostra Valle riemerge sicuramente con forza da due elementi. Il primo è la consapevolezza della propria storia, una consapevolezza che, a valle della pesante parentesi di soffocamento e annichilimento sociale attuato dal regime fascista, ha saputo far riemergere lo spirito e l’essenza di un popolo da sempre ancorato al suo territorio, alla propria cultura, alle proprie lingue e alla sua capacità di accogliere e di integrare chi nel tempo ha deciso di fare delle Valle d’Aosta la sua nuova casa, cercando di inserirsi in un contesto originale e plurilingue caratterizzato un profondo senso identitario. Il secondo elemento è stata la capacità del decreto di riconoscere alla nostra Regione la possibilità di riappropriarsi e di vedere salvaguardate queste sue prerogative ripartendo da un semplice ma essenziale elemento: la riassegnazione a 46 Comuni della Circoscrizione autonoma della Valle d’Aosta delle originarie denominazioni, indicate accanto a quelle del regime fascista quasi a voler segnare la nettezza dell’imposto cambiamento e la rinnovata attenzione e il rispetto verso il popolo e il territorio valdostano».

«L’autonomia si consolida poi con la Costituzione repubblicana e con lo Statuto speciale del cui disegno di legge costituzionale fu relatore Emilio Lussu, fervente autonomista, scrittore e politico, eletto nelle liste del Partito sardo d’azione – ha aggiunto ancora Renzo Testolin – questa è la genesi della nostra autonomia e le ragioni della sua rinascita, della sua evoluzione e del suo sviluppo. In un contesto, quello attuale, nel quale il tema dell’autonomia torna a costituire materia di serrato confronto politico e istituzionale, vorremmo cogliere anche questa occasione celebrativa per interrogarci insieme a lei sul futuro che si prospetta per le Regioni e, soprattutto, per le Regioni a cui, sin dall’origine, furono attribuite condizioni particolari di autonomia. La Valle d’Aosta guarda con interesse a un ulteriore ampliamento delle attribuzioni delle Regioni a statuto ordinario per quella particolare attenzione alle specificità e particolarità che hanno sempre caratterizzato la nostra storia. Per noi, differenziazione e particolarismo non devono, però, essere visti come causa o conseguenza di privilegi o spaccature, ma piuttosto come un’opportunità per arricchire un’organizzazione della Repubblica in cui la ripartizione verticale dei poteri pubblici è naturalmente differenziata e capace di valorizzare le specificità e le sfumature che sono la ricchezza di un popolo e non elementi da appiattire. Il percorso intrapreso dovrebbe dunque aprire ulteriori prospettive per le autonomie speciali, per beneficiare dei più ampi margini di autonomia assegnati alle Regioni dalla riforma costituzionale del Titolo V. Crediamo che la lungimiranza di chi ha approvato il nostro Statuto speciale sia stata ripagata nel tempo da una corretta assunzione di responsabilità e da un autogoverno che meritano oggi di essere consolidati e, laddove possibile, ampliati e rilanciati. L’obiettivo è di valorizzare ancora di più la specificità del nostro territorio in chiave moderna, ma nel rispetto di quella visione costituzionale che ottant’anni fa, a valle di momenti tragici combattuti dalla Resistenza e superati anche grazie alla tenacia e ai sacrifici di una comunità che ha saputo reagire all’omologazione e ai soprusi, oggi possa ancora contare sul sostegno, l’attenzione e la sensibilità di un sistema repubblicano attento alle differenze che lei tanto bene rappresenta, signor Presidente. La ringrazio pertanto di cuore per la sua presenza tra noi oggi, a ricordo di un momento così importante e carico di significato per la Valle di Aosta. Votre sensibilité institutionnelle et votre attention nous suggèrent une proximité particulière avec notre réalité qui, en regardant son passé, pourra ainsi, à l’avenir également, maintenir son identité forte et conserver intacts les valeurs de démocratie et de liberté sur lesquelles elle a été fondée».

Il discorso di Gianni Nuti

I discorsi ufficiali erano stati aperti dal sindaco di Aosta, Gianni Nuti, che ha rimarcato come «la città, la regione intera rappresentata da tutti i 74 sindaci presenti hanno l’occasione, grazie a lei, di ripensare il concetto di autonomia per attribuirgli un nuovo senso, in questa contemporaneità turbolenta. Essere autonomi non significa avere diritto di primeggiare, ma di eccellere per accogliere e servire, per interrogare da vicino la terra, la montagna e domandarle quali siano gli strumenti migliori per tutelare le sue bellezze, per valorizzarne le risorse; essere autonomi significa conoscere, rispondere e talvolta prevenire i bisogni dei prossimi, a partire sempre dagli ultimi, ma anche essere in grado, come dice il cardinal Martini, di perseguire un modello ideale di convivenza che trascenda l’attuale e concreta configurazione. Guardare un orizzonte visionario con spirito di carità e pazienza, talora soffrendo la solitudine, ma mai operando da soli. Ogni persona, infatti, così come ogni soggetto aggregato che, crescendo, conquista progressivamente la propria autonomia non ne fa nulla della sua libertà se non la utilizza per tessere relazioni, creare reti di incontri, scambi tra forme espressive dell’essere umani diverse, per offrire a sé e agli altri la possibilità di manifestarsi per quello che si è: autenticamente differenti, inesorabilmente uniti».

«Sì, perché non c’è autonomia senza solidarietà e pensiero libero – ha aggiunto il primo cittadino del capoluogo regionale – la nostra Costituzione di cui lei è garante, nata da un dolore planetario, tutela questi principi, del tutto antitetici a quelli perseguiti da ogni forma di fascismo che separa, cerca nemici, circuisce i deboli con l’inganno e la propaganda ed esalta l’egoismo che alberga in tutti noi, e questi principi sono anche le fondamenta della nostra autonomia speciale. Caro Presidente, la vocazione di questa piccola regione d’Italia può fiorire ancora continuando, anche in futuro, a promuovere e offrire le sue fragili bellezze umane, naturalistiche e dell’ingegno al mondo: confidiamo, per questo, in lei e nel popolo che rappresenta, affinché queste prerogative siano garantite anche in futuro, Grazie di essere qui, con noi».

Alle 12.25 il corteo presidenziale, insieme alle autorità regionali, si è quindi spostato in auto nella vicina nuova sede dell’Università valdostana, dove, nel Jardin dell’autonomie, il parco di fronte la struttura si era assiepata una piccola folla, a cui erano state distribuite delle bandierine tricolori. Anche in questo caso, Sergio Mattarella, una volta sceso dall’autovettura, si è girato per salutare i presenti ed entrare nella struttura, dove ha assistito alla lectio magistralis di Éric Carpano, docente di diritto pubblico presso l’Università Jean Moulin di Lione, titolare della Chaire Jean Monnet sur la démocratie européenne, anche questa trasmessa online e sul maxi schermo presente sul posto con il doppiaggio in italiano, alla quale è seguita la presentazione dell’edificio che accoglierà gli studenti dal prossimo anno accademico.
Oltre al presidente della Regione Renzo Testolin, alla Giunta regionale, al sindaco di Aosta, c’erano anche Alberto Bertin, presidente del Consiglio Valle, Manuela Ceretta, rettice dell’Università della Valle d’Aosta, l’architetto Mario Cucinella che ha disegnato la nuova struttura ed i rappresentanti del Corpo docente, del personale tecnico amministrativo e degli studenti dell’ateneo valdostano.

Lectio magistrali all’Università della Valle d’Aosta

Dopo aver lasciato il Teatro Splendor, il capo dello Stato è arrivato all’Università della Valle d’Aosta. Accolto dal rettore Manuela Ceretta, il presidente della Repubblica ha fatto il suo ingresso in Università, dove l’rchitetto Mario Cucinella gli ha descritto le linee architettoniche e l’ispirazione del polo universitario da lui progettato.

Poi cinque docenti (Marco Alderighi, Carlo Bajetta, Giuseppe Barbiero, Luisa Giacoma e Teresa Grange, hanno illustrato alcuni progetti di rilevante interesse per l’ateneo valdostano relativi alla francofonia e all’internazionalizzazione, al Nord-Ovest Digitale e Sostenibile, all’ecopsicologia e al plurilinguismo.

Il presidente Mattarella ha poi assistito alla Lectio Magistralis Éducation européenne tenuta da Éric Carpano, docente di diritto pubblico presso l’Università Jean Moulin Lyon 3. Nella sala erano presenti, una rappresentanza del corpo docente, del personale tecnico amministrativo e degli studenti dell’ateneo valdostano. La Lectio è stata preceduta dall’Indirizzo di saluto del rettore Ceretta, che ha avuto come fil rouge il tema della forza e dell’importanza dell’immaginazione.

“L’Università della Valle d’Aosta – ha aggiunto la Rettrice – si è inserita per la prima volta in questo anno accademico nell’Alta Formazione, aderendo a due Dottorati di Interesse Nazionale: uno in Teaching & Learning Sciences e l’altro in Studi Europei, grazie alle borse PNRR, e si è associata alla Rete delle Università Italiane per la Pace (RUnIPace). Immaginiamola e facciamola vivere erede ed interprete di una grande tradizione valdostana, italiana ed europea, che ha inteso la cultura, l’educazione e l’Europa quali strumenti di pace, libertà e democrazia”.

In conclusione, il presidente della Repubblica si è rivolto ai presenti pronunciando queste parole: «occorre quindi procedere, questo era il senso della Lectio del Prof. Carpano che ringrazio molto. Ed è in fondo il senso di questo Ateneo che è un punto di incontro d’Europa, è un punto di incrocio, di collaborazione. Le montagne non separano, ma uniscono. Sono questi incontri a beneficio di tutti che vissuti insieme, non in contrapposizione, fanno crescere. Questo è il senso della vita della Valle d’Aosta, del resto. Questo è il senso della democrazia europea.».

Il polo universitario sarà inaugurato il prossimo 26 settembre con un simbolico taglio del nastro.



 

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