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di Daniele Bovi

Nella giornata di preapertura della caccia in Umbria non si potrà sparare alla tortora selvatica. A stabilirlo è stato mercoledì il Tar dell’Umbria con un decreto firmato dal presidente Pierfrancesco Ungari. Un provvedimento arrivato in seguito al ricorso di una serie di associazioni ambientaliste, rappresentate dall’avvocato Andrea Filippini, contro il calendario venatorio 2024/2025 approvato dalla giunta regionale. Nel procedimento amministrativo, nell’ambito del quale il Tar ha fissato per il 24 settembre la trattazione nel merito, dopo il ricorso sono intervenute l’Associazione nazionale libera caccia ed Enalcaccia, mentre la Regione ha presentato una articolata memoria.

PREAPERTURA IN UMBRIA, LE SPECIE CACCIABILI

Il ricorso Con il ricorso le associazioni hanno contestato l’inserimento della tortora selvatica tra le specie cacciabili e la fissazione, al 31 gennaio 2025 invece che alle date precedenti, della data di chiusura della caccia per alcune specie che in quel periodo si troverebbero già in fase di migrazione prenuziale. Se su questo secondo punto ci sarà tutto il tempo di discutere nel merito, per quanto riguarda la preapertura del primo settembre il tempo stringe: da qui la richiesta delle misure cautelari monocratiche.

LE DATE DEL CALENDARIO VENATORIO 2024-2025

La sentenza Secondo il tribunale amministrativo la Regione non ha «fatto piena e corretta applicazione» della legge 157 sulla caccia per quel che riguarda il potere-dovere di vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie per «importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica, nonché di intervenire per circoscrivere ulteriormente il prelievo venatorio laddove l’emerga l’esigenza di escludere la caccia a determinate specie di uccelli o di circoscrivere il periodo di caccia, per ragioni connesse alla consistenza faunistica». Il Tar nel bilanciare gli interessi ha quindi dato priorità a quello della tutela dell’ambiente rispetto «attività ludico-sportiva della caccia».

Le ragioni Nel ricorso le associazioni ambientaliste in sintesi hanno ricordato che la tortora selvatica è classificata specie vulnerabile, e che la Commissione europea nel luglio del 2023 ha chiesto per alcune zone una moratoria almeno temporanea per la stagione 2024-2025. Anche il ministero dell’Ambiente poi nel maggio scorso ha formulato una serie di raccomandazioni tecniche, invitando le Regioni a escludere la tortora dai calendari. Ricordando queste indicazioni il Tar sottolinea che «misure meramente “limitative” non sono sufficienti a migliorare lo stato di conservazione della specie, e quindi la decisione di “preapertura” della caccia alla tortora selvatica mette ulteriormente a rischio il mantenimento della specie».

La Regione Dai dati depositati dalla Regione nella memoria poi emerge come dal 2018 la specie sia in progressiva diminuzione; e dunque limitare il carniere a tremila capi (il sistema da qualche tempo è gestito attraverso un’app) non è sufficiente. Dalla sua invece Palazzo Donini ha osservato che gli atti comunitari «costituiscono un mero invito della Commissione», non essendo dunque vincolanti, e che la decisione finale spetta alla Regione «perché solo essa possiede un’approfondita conoscenza delle specificità ambientali che caratterizzano il proprio territorio, delle quali invece non risulta aver tenuto conto l’Ispra». La Regione ha poi ricordato che sul calendario si è espresso in modo favorevole il comitato tecnico-scientifico faunistico venatorio nazionale, aggiungendo che tra le misure pensate ci sono un miglioramento della raccolta dei dati, convenzioni con le forze dell’ordine per vigilanza e controllo e azioni di promozione della conservazione delle specie nidificanti.

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