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Rallenta la crescita delle buste paga in Europa e salgono le possibilità di un intervento della Bce sui tassi. Secondo quanto emerso dall’ultima rilevazione flash diffusa da Francoforte, le retribuzioni negoziate hanno registrato nel secondo trimestre del 2024 un incremento del 3,6% su base annua, in diminuzione rispetto al 4,7% fatto segnare nei primi tre mesi dell’anno. L’aumento degli stipendi è tra i fattori che, correlato al livello dell’inflazione, influiscono maggiormente sulla politica monetaria della Banca centrale e una frenata dell’indicatore sulla crescita salariale negoziata potrebbe portare l’Istituto a limare i tassi d’interesse.

Crescita dei salari in rallentamento

“La flessione della crescita salariale nel Q2 spiana la strada per un taglio a settembre” è quanto sostiene Nadia Gharbi, Senior Economist di Pictet Wealth Management, gruppo bancario svizzero specializzato nella gestione di patrimoni e risparmi, dopo a commento dei dati sul rallentamento degli stipendi.

“Non è da escludere una potenziale riaccelerazione nella seconda metà dell’anno, considerando le numerose richieste dei sindacati tedeschi, ma a nostro avviso il 1° trimestre potrebbe aver toccato il picco massimo“, ha affermato l’economista.

Secondo i dati riportati dalla Bce l’aumento dei salari del 3,6% negli ultimi tre mesi risulta più basso non soltanto del primo trimestre del 2024, ma rappresenta anche il livello più basso dal primo del 2023. Stando a quanto comunicato da Francoforte, è la Germania a fare da zavorra principale per la crescita delle retribuzioni.

I verbali della Bce

Dall’aumento dei salari dipende il processo di disinflazione su cui la Banca centrale europea è al lavoro, che si basa anche su altre due variabili come produttività e profitti, sui quali, insieme alle retribuzioni, aleggia un alone di incertezza.

Motivo per il quale il board della Bce ha fatto sapere che “gli sviluppi richiedono un monitoraggio stretto e i dati del secondo trimestre saranno input importanti per la prossima riunione a settembre del Consiglio direttivo”. È quanto emerso dai verbali dell’ultima riunione del 17 e 18 luglio, dove “tutti i membri” dell’organo decisionale dell’Istituto hanno appoggiato la proposta del capo economista Philip Lane di mantenere invariati i tre principali tassi di interesse.

Il Consiglio direttivo ha confermato, sulla base degli ultimi dati sull’economia dell’Eurozona, la precedente valutazione fatta sulle prospettive di inflazione a medio termine: se alcune misure dell’inflazione di fondo erano aumentate a maggio a causa di fattori sporadici, la maggior parte era rimasta stabile o era scesa a giugno.

Come spiegato dalla Bce, l’impatto inflazionistico dell’elevata crescita salariale è stato arginato dagli utili, come da attese, mentre la politica monetaria ha mantenuto restrittive le condizioni di finanziamento. Allo stesso tempo, le pressioni sui prezzi interni sono risultate ancora elevate, così come l’inflazione dei servizi era elevata, con l’inflazione complessiva a livelli superiori rispetto agli obiettivi.

Secondo i componenti del board “questi sviluppi suggerivano che l’ultimo miglio della disinflazione era più impegnativo e che il compito di riportare l’inflazione in modo sostenibile all’obiettivo del 2% non era ancora assicurato, nonostante i significativi progressi compiuti”.

Vista la flessione attualmente graduale dell’inflazione, è stato considerato “naturale che la risposta politica del Consiglio direttivo dovesse essere cauta” e che venisse decisa una sospensione della politica di taglio dei tassi.

“Un approccio così cauto era particolarmente giustificato date le incertezze prevalenti sull’evoluzione di salari, profitti, produttività e inflazione dei servizi – si legge nei verbali – Tutti questi avrebbero avuto bisogno di ulteriore monitoraggio e valutazione man mano che arrivavano nuovi dati per ottenere maggiore fiducia nelle prospettive di inflazione”.

“La riunione di settembre è stata ampiamente considerata un buon momento per rivalutare il livello di restrizione della politica monetaria – scrive ancora il Consiglio direttivo della Bce – Tale riunione dovrebbe essere affrontata con una mente aperta, il che implicava anche che la dipendenza dai dati non equivaleva a concentrarsi eccessivamente su dati specifici e singoli”.



 

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