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L’effetto “bonus”, come era facilmente prevedibile, è diventato un “boomerang”. E dopo il rilancio “drogato” del settore, prodotto dal 110% e dalle altre agevolazioni, l’edilizia a Messina e in provincia sta subendo un costante riflusso. Il rischio di una nuova pesante crisi è dietro l’angolo, come denunciano la Uil e l’organizzazione di categoria Feneal, presentando l’ormai tradizionale Report, che fa il punto sul primo semestre del 2024.
«Anche quest’anno – spiegano il segretario generale Ivan Tripodi e Pasquale De Vardo, segretario generale della Feneal Uil Tirrenica – la consueta analisi dettagliata dei dati relativi al comparto edile offre spunti importanti. E purtroppo i numeri corrispondono a quello che si rivela come un drammatico disfacimento dell’edilizia, che da sempre è stato volano e traino per l’intera economia della provincia di Messina. Fino al 2020, l’analisi dei numeri ha fatto sostanzialmente tremare i polsi poiché a causa dell’inadeguatezza politico-amministrativa e dell’incapacità progettuale delle classi dirigenti e politiche ad ogni livello, l’edilizia, da settore strategico e trainante, è stato ridotto a comparto assolutamente marginale.

Il post pandemia con l’introduzione del 110% e dei bonus edilizi finalizzati, anche, alla rigenerazione urbana, ha creato una macroscopica “bolla economica”: sicuramente tanti sciacalli hanno speculato in maniera selvaggia, ma il settoredell’edilizia aveva ripreso fiato seppur nella piena consapevolezza che si trattava di una fase “spot” e senza alcuna prospettiva strutturale finalizzata a dare lungo respiro all’economia e al lavoro. Esplosa la bolla – proseguono i sindacalisti –, auspicavamo, anche grazie ai fondi del Pnrr, una continuità della ripresa dell’edilizia e del rilancio occupazionale e socio-economico di Messina. Come detto, i dati fino all’avvento della pandemia erano terrificanti. Il 2020 ha mostrato numeri agghiaccianti; successivamente, nel 2021, con l’avvio dei bonus, dopo oltre 10 anni di crisi profonda appesantita dalla pandemia planetaria, i dati negativi del settore edile hanno invertito una tendenza che oggi è in pieno riflusso».
E allora vediamo alcuni «numeri esemplificativi». 1) Nel giro di 10 anni – documentano Uil e Feneal Tirrenica – i lavoratori edili occupati sono passati dal dato più basso di 6283 unità del 2018 a quello più alto di 9903 del 2022, per poi tornare adesso a scendere nuovamente a 8286 del primo semestre 2024. 2) Le imprese edili attive che rappresentano il tessuto socio-economico del nostro territorio si sono pesantemente ridotte, passando dalle 2.165 del 2015 alle 1.829 del primo semestre 2024.
E paradossalmente (ma c’era da aspettarselo, alla luce anche degli esiti dei numeri controlli da parte delle forze dell’ordine) l’unico dato che non inverte il trend negativo «è quello relativo alla indecente piaga del lavoro nero che è vertiginosamente aumentato di oltre il 40%: i lavoratori in nero oggi presenti in un cantiere sono mediamente intorno al 70% della forza/lavoro, che, considerando la mancata regolazione contributiva degli stessi o le forme elusive come il “dumping” contrattuale, rappresenta un vergognoso dramma sociale che non può restare impunito poiché è strettamente connesso con il tema della sicurezza sul lavoro caratterizzato dall’elenco di innocenti lavoratori che, anche a Messina, sono usciti da casa per lavorare e sono rientrati dentro una bara», come sottolineano amaramente Tripodi e De Vardo. Ecco perché, «in questo scenario – ribadisce il sindacato – è indispensabile un sensibile rafforzamento dell’Ispettorato del lavoro di Messina poiché con gli attuali numeri del personale non è assolutamente messo in condizione di poter dare una risposta tangibile sul tema della repressione al fenomeno del lavoro nero che è una piaga sociale di dimensioni paurose».
E gli effetti del Pnrr? C’era molta speranza nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e invece… «Al netto degli annunci e delle chiacchiere – continuano Tripodi e De Vardo – questa occasione unica ed irripetibile non sta producendo la tanto strombazzata trasformazione, anche economica e occupazionale, riguardo le opere pubbliche. Infatti, sono stati finanziati pochi progetti che si caratterizzano, tra l’altro, per la mancanza di visione e di prospettiva poiché, nel migliore dei casi, si tratta di idee progettuali vecchie e stantie, presenti da tempo nei cassetti delle scrivanie degli uffici tecnici. In tal senso, si deve sempre mantenere altissima la guardia e l’attenzione, attraverso il coinvolgimento di tutte le Autorità preposte, rispetto ai rischi, sempre presenti, di infiltrazione da parte delle organizzazioni mafiose. Le risorse ci sono, ma mancano i progetti esecutivi e quindi gli appalti. Allo stato a Messina l’unica importante opera pubblica appaltata e cantierizzata da oltre sei anni, il cui attuale importo complessivo stanziato è di circa 113 milioni di euro, è il porto di Tremestieri che, dopo il commissariamento deciso dal Parlamento nazionale, rappresenta la certificazione di un enorme fallimento politico-amministrativo. Vi sono ritardi assurdi e incomprensibili, si perderanno ingenti risorse senza avere programmato nulla riguardo il rischio sismico e il dissesto idrogeologico, l’edilizia scolastica e la riqualificazione delle periferie, per non parlare dell’assoluta mancanza di progetti sulla questione dell’edilizia sanitaria caratterizzata dagli odierni presidi ospedalieri decadenti e ai limiti dell’agibilità. Un quadro, pertanto, desolante e preoccupante che, oggi, per il comparto dell’edilizia si traduce in una oggettiva prospettiva di difficoltà e di nuova crisi che già provoca l’emigrazione dei nostri giovani, e non solo, in cerca di occupazione e di prospettive future. I numeri del nostro Report – concludono Uil e Feneal Tirrenica – sono inequivocabili e sono un pesantissimo atto d’accusa nei confronti di una classe dirigente e di governo che non è all’altezza della sfida odierna e il cui bilancio è decisamente fallimentare. Noi non ci fermeremo e proseguiremo senza sosta la battaglia per il lavoro e per la rinascita economico-sociale di Messina e della sua provincia».
Nessun cenno, infine, alle enormi possibilità di rilancio economico e occupazionale del settore, connesse con la realizzazione del collegamento stabile nello Stretto e delle opere connesse. La Uil, come è noto, pur non assumendo la posizione “integralista” della Cgil, schierata sul fronte del No al Ponte, sull’argomento resta, comunque, molto critica, ritenendo che le priorità per i nostri territori siano altre. Ma elencando ogni anno quelle “priorità”, alla fine non si fanno quelle e non si fa il Ponte. E il settore edile, dopo i lunghi decenni della speculazione e dell’assalto al territorio, resta sempre fermo al palo…

 

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