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Ci potrebbero essere in futuro nuove revisioni del Pnrr, dopo quella concordata con la Commissione europea e in piena attuazione dall’inizio del 2024. E potrebbe riguardare anche il Sud per il quale è previsto il 40% delle risorse complessive del Piano.

Il ministro Raffaele Fitto, in audizione ieri in Parlamento davanti alle Commissioni congiunte Bilancio di Camera e Senato, ribadisce che quel target dev’essere rispettato ma non esclude novità: «L’obiettivo è finale, non in corsa. Noi dobbiamo garantire che il 40% delle risorse vengano spese al Sud? Anche qui non svelo un mistero, dobbiamo interrogarci: ci sarà l’esigenza di valutare qualche altra revisione? Forse sì e questo sarà oggetto di confronto con la Commissione europea», dice testualmente il ministro nell’intervento di replica. E aggiunge: «Dobbiamo avere quella elasticità, non come atto unilaterale, ma come confronto con la Commissione. Cambia il mondo, noi dobbiamo rimanere fermi nel non modificare nulla?»

Gli interventi

I dubbi sulla spesa effettiva al Sud erano emersi durante gli interventi di alcuni commissari (Piero De Luca del Pd tra gli altri) insieme a una serie di preoccupazioni sulla reale capacità di spesa dei ministeri (inferiore, a quanto pare, a quella dei Comuni che hanno già assorbito più del 50% delle risorse loro assegnate). Fitto prende nota di tutto, si dice disponibile ad approfondire ogni questione e intanto aggiorna il contenuto della Relazione semestrale sull’attuazione del Piano appena approvata. «Dal 17 luglio, quando il documento è stato presentato, ad oggi la spesa è cresciuta di un altro miliardo, toccando i 52,2 miliardi. Si tratta di una spesa pulita come tutti i 10 miliardi spesi dall’inizio dell’anno perché per la prima volta non sono comprese le risorse utilizzate in base agli automatismi del credito d’imposta 4.0 o al super bonus» che «hanno caratterizzato il grosso della spesa negli anni precedenti» ma «è spesa collegata invece agli investimenti».
Non è un dettaglio contabile o meramente tecnico, per il ministro è piuttosto la dimostrazione di come si possa garantire una spesa di qualità «che vuol dire incrociare la crescita e intervenire sul debito pubblico, sicuramente cresciuto dopo che l’Italia ha deciso a suo tempo di assumere al 100 per 100 la quota di risorse a debito».
Ma riusciremo a mettere a terra tutti i progetti del Pnrr e nei tempi indicati dall’Ue? O non sarebbe il caso di chiedere a Bruxelles una proroga considerata peraltro la storica difficoltà dell’Italia in materia di cronoprogrammi di opere pubbliche? Alle domande più incalzanti delle Commissioni, specie sul versante del centrosinistra, Fitto risponde con prudenza: «Sono realista ma non mi sfugge la complessità delle cose da fare». E confermando di non essere in alcun modo interessato «al pur legittimo dibattito politico sula proroga del Pnrr, non sento alcun bisogno di inevitabili polemiche», fa parlare i numeri del Pnrr. E cioè, che sui 132 miliardi di euro totali di gare d’appalto per i diversi interventi, «ci troviamo di fronte ad interventi attivati per 122 miliardi di euro, pari al 92%». E ancora, che a fronte dei 194 miliardi di euro complessivi del Piano di ripresa e resilienza (esclusi i 32 miliardi del Piano complementare) «sono state attivate misure e interventi per 165 miliardi di euro». «Sono numeri spiega Fitto che indicano in modo molto chiaro non solo l’avanzamento del Piano ma come si sia superata la fase inevitabile» relativa alla necessità di mettere in campo il percorso delle procedure, con la progettazione e la realizzazione delle gare. Dunque, oggi la realizzazione degli interventi «è in corso».

Le riforme

Non ci sono peraltro solo cantieri nel Pnrr, ma anche riforme. Sette, ricorda il ministro, quelle introdotte grazie alla rimodulazione del Piano, tra le quali quelle della Coesione, anch’essa condivisa dalla Commissione Ue con la quale il lavoro è stato sempre concreto e positivo. E ai dubbi sul fatto che molti degli obiettivi collegati alle rate di pagamento potrebbero rischiare di bloccarsi per la mancanza di decreti attuativi, il ministro risponde che in realtà «ogni richiesta da noi avanzata a Bruxelles viene esaminata nel dettaglio e se manca anche un solo decreto si blocca inevitabilmente». A proposito di decreti: anche per Transizione 5.0, introdotta nel Pnrr grazie allo spazio garantito a tutti i Paesi Ue dal Repower Eu («Soldi che non potevamo più prendere a prestito avendo esaurito a suo tempo, come detto, la quota possibile» dice Fitto) è in arrivo l’indispensabile norma di attuazione. Secondo il ministro sarà un formidabile acceleratore della spesa del Pnrr i cui target sono destinati, insomma, a crescere notevolmente nei prossimi mesi.
C’è anche chi chiede una Commissione d’inchiesta sul Pnrr ma il ministro senza entrare in polemica boccia la proposta: «Non mi pare opportuna dal momento che già esistono organismi e occasioni di confronto su cui approfondire e discutere le varie questioni», dice. E ricorda che finora i tempi previsti per la presentazione delle domande di rata a Bruxelles sono stati tutti rispettati: «Siamo il Paese, come ha detto la Commissione, che ha speso di più e nei tempi concordati: vorrà pure dire qualcosa, o no?»
 



 

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