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Cantiere a Sebenico, Croazia (© crordx/Shutterstock)


La politica di coesione UE non sempre riesce a sostenere in modo efficace lo sviluppo economico nei suoi stati membri. Prima che si apra il suo prossimo ciclo, iniziano a circolare una serie di proposte di riforma

Negli ultimi anni la politica di coesione dell’Unione europea è stata criticata per non aver conseguito il suo obiettivo fondamentale di “ridurre le disparità tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e l’arretratezza delle regioni più svantaggiate”. Queste difficoltà hanno stimolato un vivace dibattito su come rivedere i criteri di allocazione dei fondi in modo da renderli più efficaci.

L’attuale politica di coesione si trova a metà del periodo di finanziamento 2021-2027. Prevede lo stanziamento di 392 miliardi di euro in totale, vale a dire quasi un terzo del bilancio dell’UE; i finanziamenti vengono erogati attraverso quattro diversi fondi, cioè il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR), il Fondo di coesione (FC), il Fondo sociale europeo Plus (FSE+) e il Fondo per una transizione giusta (JTF).

Sebbene vi siano certamente problemi con i modi in cui vengono allocati e impiegati, i fondi di coesione dell’UE stimolano effettivamente la crescita economica. I ricercatori Lang, Redeker e Bischof rilevano che, in media, ogni euro investito dall’UE nel FESR e nel FSE fa aumentare il PIL di una determinata regione di circa 0,93-1,47 euro – un’indicazione dell’impatto economico positivo dei progetti regionali sostenuti dall’UE.

Tuttavia, altre ricerche mostrano che alcune regioni dell’Europa meridionale, come in Spagna, Portogallo e Grecia, hanno smesso di convergere con i paesi europei più ricchi o hanno addirittura aumentato il divario. In alcune regioni dell’Italia e della Grecia la crescita del PIL reale è stata negativa. Questo fenomeno espone diverse regioni dell’UE al pericolo di una “trappola dello sviluppo”, in cui “sperimentano lunghi periodi di crescita bassa o negativa, deboli aumenti di produttività e scarsa creazione di posti di lavoro”.

Lang, Redeker e Bischof hanno recentemente pubblicato uno studio che identifica due principali problemi distributivi della politica di coesione, secondo cui i fondi “spesso si indirizzano verso i posti sbagliati e raggiungono le persone sbagliate”.

Laddove le disuguaglianze di reddito all’interno delle singole regioni sono molto ampie, la politica di coesione tende per finire a rivolgersi alle aree che hanno meno bisogno di sostegno. Se l’UE fornisce linee guida e regole per l’assegnazione dei fondi, spetta infatti ai diversi stati membri definire i relativi programmi specifici e i loro criteri. L’analisi della distribuzione dei finanziamenti all’interno delle regioni indica che il denaro tende a essere destinato alle aree relativamente più prospere. 

Inoltre, la politica di coesione tende a raggiungere le persone sbagliate, in quanto i benefici spesso si concentrano nelle famiglie relativamente ricche. Pertanto, i fondi UE fluiscono sì verso le regioni idonee, ma a causa di problemi locali di implementazione favoriscono gruppi piccoli e relativamente ricchi, anziché quelli più bisognosi.

A denunciare l’insufficiente efficacia dell’attuale sistema, una relazione condotta dalla Corte dei conti europea nel luglio 2024 ha rilevato che “15 dei 317 miliardi di Euro di fondi di coesione versati nel periodo di bilancio 2014-2020 sono stati utilizzati in modi che non rispettavano le norme nazionali o comunitarie”.

Proposte di riforma

I limiti della politica di coesione sono significativi perché, nel tempo, l’insoddisfazione per la capacità dell’UE di sostenere lo sviluppo delle sue regioni può sfociare in tensioni sociali e politiche, soprattutto quando si accompagna a crescenti disuguaglianze, sfiducia nelle istituzioni e risentimento dovuto alla sensazione di essere “lasciati indietro” o ignorati. Secondo un rapporto richiesto dalla Commissione europea, “la politica di coesione dell’UE deve essere urgentemente ristrutturata per arginare l’ascesa dei partiti euroscettici che minacciano la ‘sopravvivenza’ del progetto europeo”.

Questo è il motivo per cui la riforma della politica di coesione sta attirando sempre più attenzione. A breve si apriranno le trattative per lo stanziamento e l’allocazione dei fondi per il ciclo di finanziamento 2028-2034; nel frattempo, think-tank, esperti e parti interessate in tutta Europa stanno delineando le loro visioni e richieste.

Ad esempio, il think-tank tedesco ZEW (Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung, Centro per la ricerca economica europea) suggerisce che il PIL pro capite potrebbe non essere il miglior indicatore per classificare il livello di sviluppo delle varie regioni, e che non bisognerebbe perseguire sempre la mera convergenza economica. Il rapporto del ZEW aggiunge che le aree che stanno già ottenendo buoni risultati, come avviene negli Stati membri con una forza economica superiore alla media, non dovrebbero ricevere fondi di coesione, a differenza di quanto accade oggi.

Suggerimenti simili si ritrovano nel documento “Fixing cohesion” (“Aggiustare la coesione”) recentemente pubblicato dal Centro Jacques Delors, che invoca anche un processo creativo per individuare nuove modalità per incanalare i fondi di coesione verso le regioni che possono trarne i maggiori benefici. Secondo questa analisi, alcune “regioni sono troppo grandi ed economicamente eterogenee per stanziare efficacemente fondi alle loro aree che hanno veramente bisogno di sostegno economico”.

La distribuzione dei fondi dovrebbe avvenire su una scala geografica più piccola, in modo che i centri regionali più grandi non rischino di assorbire da soli tutti i finanziamenti disponibili. Andrebbero inoltre destinati più fondi verso le piccole imprese, piuttosto che verso grandi aziende ad alta intensità di capitale.

Infine, un gruppo di esperti a cui è stato chiesto dalla stessa Commissione europea di delineare il futuro della politica di coesione sostiene che, qualunque saranno le riforme, dovranno garantire meccanismi per adattare le misure sostenute dalla coesione alle necessità specifiche delle singole regioni stesse, in modo da valorizzare al meglio risorse e potenzialità disponibili a livello locale.

 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto “Energy4Future” cofinanziato dall’Unione europea (Ue). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina “Energy4Future

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