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Bologna, 23 luglio 2024 – La sanità pubblica come tema centrale del prossimo governo dell’Emilia-Romagna. Non hanno dubbi i due candidati in corsa per la poltrona di governatore, Michele de Pascale (centrosinitra) ed Elena Ugolini (civica). Su come gestire al meglio le risorse e attuare una riforma del sistema che sembra essere inevitabile, pur conservando la sua universalità, le strategie invece sono tutte da costruire.

Sanità, analisi Nomisma: “Occhio ai nuovi bisogni. E maggiori investimenti porteranno ricchezza”

All’interno del discorso organizzativo sta la indispensabile collaborazione con il privato accreditato, strutture pubbliche di diritto privato che erogano servizi di qualità e gratuiti ai pazienti, rivelandosi fondamentali in settori quali la riabilitazione, la cardiochirurgia e la lungodegenza, come spiega Francesco Capobianco, responsabile Sviluppo locale per Nomisma che ha elaborato, insieme a Paola Piccioni (Project manager Nomisma), la sesta edizione del bilancio sociale di Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) Emilia-Romagna.

L’Emilia-Romagna ha un sistema sanitario eccellente, come ha recentemente attestato anche la Fondazione Gimbe. Quali sono i punti deboli?

“Sicuramente siamo un punto di riferimento per le altre regioni, anche se abbiamo visto che l’invecchiamento della popolazione porta nuovi bisogni, quindi anche l’Emilia-Romagna deve fare attenzione a queste evoluzioni”.

Non facile considerati gli alti costi con risorse che appaiono insufficienti.

“Dal punto di vista di Nomisma gli investimenti in sanità non si possono considerare come dei costi: una maggiore spesa sanitaria rappresenta risparmi nella cura e nella prevenzione delle malattie acute ed ha enormi ricadute socio-economiche anche in filiere diverse da quelle della sanità. E questo lo osserviamo nelle 45 strutture Aiop che investono 922 milioni che, considerando gli impatti diretti e di filiera, diventano 1,448 miliardi”.

C’è il problema del finanziamento, con un calo prospettato sul Pil dell’investimento nella sanità pubblica e a caduta, anche nel privato accreditato. Fino a che punto si può arrivare senza mettere in pericolo l’assistenza ai cittadini?

“Il problema non nasce ora e resta un’incognita non indifferente, considerato che una persona su sei, in regione, vive sola ed ha più di 60 anni: uno scenario che non cambierà in futuro e che porterà a un aumento delle patologie croniche. Quindi ci si aspetterebbe che la quota di finanziamento crescesse, considerando che siamo ultimi per questo tipo di investimento nei Paesi del G7. Sicuramente non si può arretrare dai livelli attuali. Quello che tutti auspicano sarebbe il 7,5%, quindi fisserei una soglia del 7%. Certo le risorse sono da trovare”.

Come contribuisce il privato accreditato da un punto di vista economico alle finanze della regione?

“C’è la crescita dei dimessi dalle strutture private accreditate provenienti da altre regioni: Marche, Lombardia, Toscana, Veneto, Sicilia, Puglia, Abruzzo e Campania. Ogni cittadino dovrebbe potersi curare vicino alla propria residenza, ma guardando in faccia alla realtà questi dati fotografano una risorsa per il sistema economico dell’Emilia-Romagna: nel 2022 i pazienti dimessi sono stati quasi 55mila. Altro apporto: i dipendenti e collaboratori che sono 8.800, con una crescita del 19% dal 2016, e una buona quota di personale femminile. Inoltre c’è la stabilizzazione dei contratti di lavoro e l’impossibilità di de-localizzare: i malati sono qui e qui restano. Senza contare l’acquisto delle attrezzature sanitarie: il 64% degli acquisti, sempre nel 2022, sono state nelle strutture private accreditate emiliano romagnole”

Come razionalizzare e migliorare le prestazioni sanitarie?

“C’è sicuramente da sviluppare il settore della telemedicina, ma anche da superare la barriera tra la sanità e il territorio. L’accesso alla cura da parte delle persone che vivono lontano dai centri principali deve essere assicurato”.

 

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