diVincenzo Brunelli
Circa 18 tonnellate dall’Arno nel Tirreno, sotto accusa coltivazioni e scarichi industriali
L’Arno riversa in mare ogni anno circa 18 tonnellate di plastiche e microplastiche, che corrispondono all’equivalente di circa quattrocentomila bottigliette di acqua da mezzo litro, più o meno 1.100 al giorno.
La plastica presente nel fiume ha varie provenienze, ovviamente, ma l’ordine di grandezza è esattamente questo, un dato preoccupante all’interno di una serie più ampia di dati che fa parte di un progetto di ricerca nazionale, finanziato dal ministero dell’Università e della Ricerca.
Secondo lo studio sono due le aree di provenienza della plastica che finisce poi nell’acqua dell’Arno: «Nelle aree agricole, la letteratura raccolta mostra un importante contributo associato alle coltivazioni di tipo estensivo e alle attività vivaistiche, mentre nelle aree industriali ed urbane le principali fonti sono gli impianti di depurazione e gli scaricatori di piena».
All’interno del progetto nazionale «Minosse» che analizza e studia la plastica che confluisce nel Mar Mediterraneo attraverso i fiumi, stanno operando anche docenti e ricercatori dell’ateneo fiorentino che in Toscana hanno avviato una campagna di monitoraggio in diversi fiumi regionali, tra cui l’Arno, con l’obiettivo di giungere a stime affidabili rispetto alla plastica che poi arriva annualmente in mare.
La prima fase della campagna di monitoraggio ha riguardato la foce del fiume Arno e i tratti immediatamente a ridosso, in particolare sono stati effettuati campionamenti dei sedimenti e della plastica depositata sul fondo del fiume tra Pisa e la foce del più importante corso d’acqua toscano. Nel futuro prossimo, si prevede di estendere il monitoraggio del fiume Arno al tratto urbano a Firenze, per il quale, comunque, sono già stati prelevati alcuni campioni di acqua in diverse zone cittadine.
Arpat, l’agenzia regionale per la protezione ambientale, ha pubblicato alcuni estratti dello studio a cui sta collaborando anche il professor Luca Solari del dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università degli studi di Firenze. «La plastica dispersa nei bacini idrografici viene veicolata, attraverso l’acqua di ruscellamento delle piogge, nei fiumi ed infine al mare. I fiumi costituiscono pertanto il principale veicolo di trasporto dei detriti di plastica al mare — si legge nell’abstract dello studio pubblicato da Arpat — e nel caso del fiume Arno recenti valutazioni hanno mostrato un’emissione annuale in mare dell’ordine di ben 18 tonnellate all’anno». Ma la plastica presente nei corsi d’acqua sarebbe molto di più.
La maggior parte dei detriti di plastica, infatti, non galleggia ma si deposita sul fondo del fiume. Quindi soltanto una parte, già enorme, finirebbe in mare, altra plastica giacerebbe sui fondali dei fiumi e anche dell’Arno. Sul punto lo studio appare molto chiaro: «Soltanto i detriti di plastica più grandi vengono trasportati, mentre galleggiano sulla superficie, dai fiumi direttamente al mare».
Una volta in mare, la plastica viene poi sparpagliata dai venti e dalle correnti marine, mentre galleggia e si distribuisce su tutta la colonna d’acqua. E nel caso del Mar Mediterraneo, è probabile che la stragrande maggioranza dei rifiuti di plastica si accumuli sul fondo del mare, soprattutto nella forma di microplastiche mescolate con sedimenti, come accade per i fiumi. «Al fine di giungere a delle stime meno approssimative — conclude l’abstract — delle quantità di macro e micro plastica trasportate e accumulate nei fiumi verso le aree costiere e il mare aperto, risulta indispensabile effettuare dei monitoraggi di campo».
In questa direzione specifica una ricerca congiunta tra l’Università di Firenze e Arpat è già pronta a partire, finanziata dalla Regione Toscana tramite il bando »Pegaso». Si vedrà.
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