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L’inviato Usa ha incontrato i vertici israeliani e alti esponenti del Paese dei cedri nel tentativo di allentare le tensioni. L’Idf bombarda ancora il sud e approva i piani di attacco. Il presidente Biden preoccupato dalla prospettiva di un allargamento del conflitto. Il sorvolo dello spazio aereo e le fattorie contese di Shebaa e le colline di Kfarchouba nodi irrisolti del negoziato fra Israele e Libano.

Beirut (AsiaNews) – “Il conflitto lungo la Linea blu tra Israele e Hezbollah è andato avanti sin troppo a lungo […] È nell’interesse di tutti risolvere la situazione in maniera rapida e per via diplomatica. Ciò è al tempo stesso urgente e fattibile, a portata di mano… è raggiungibile!”. Senza usare giri di parole Amos Hochstein ha lanciato un nuovo “ultimo avvertimento” a Hezbollah ieri, nel corso di una visita lampo a Beirut, durante la quale si è intrattenuto per colloqui prima col comandante dell’esercito Joseph Aoun, poi col presidente del Parlamento, Nabih Berry. A seguire, l’inviato speciale Usa è stato ricevuto dal primo ministro uscente Nagib Mikati, e dal capo della diplomazia del Paese dei cedri Abdallah Bou Habib.

In arrivo da Israele, dove il giorno precedente aveva incontrato il primo ministro Benjamin Netanyahu e il presidente Isaac Herzog, Amos Hochstein ha sottolineato che in queste ultime due settimane è cresciuto il rischio di un allargamento del conflitto. Una prospettiva tutt’altro che remota e che preoccupa il presidente Usa Joe Biden, tanto da spingerlo a inviare nuovamente il suo più alto rappresentante diplomatico nella regione. 

L’emissario americano ha analizzato la situazione e ha illustrato i progressi nel tentativo di giungere a un accordo per una tregua a Gaza; egli ha affermato al contempo che la battaglia a Rafah starebbe per concludersi, ma che Israele potrebbe essere tentata dall’imprimere una accelerata ai venti di guerra sul fronte nord, col Libano. Una prospettiva niente affatto remota, se Hamas ed Hezbollah non dovessero accettare il piano del presidente Biden che il movimento estremista della Striscia considera ancora oggi “un affare per allocchi”. 

In parallelo, secondo alcune fonti diplomatiche occidentali gli Stati Uniti sarebbero preoccupati dalla “fretta” di Tel Aviv di voler entrare in guerra contro Hezbollah, pur “senza una strategia chiara, né avendo preso bene in considerazione le conseguenze di un conflitto più vasto”. Sino ad oggi otto mesi di violenze alla frontiera israelo-libanese hanno causato almeno 472 vittime in Libano, la maggior parte delle quali erano combattenti della milizia sciita, ma a questi si aggiungono 91 civili secondo una stima dell’Afp. Sul versante israeliano, il bilancio è di almeno 15 soldati dell’esercito e 11 civili uccisi, come indicano le fonti ufficiali. 

Da parte sua, Hezbollah ha reagito al nuovo avvertimento ricorrendo, come fa da mesi, al deterrente fornito dalle sue capacità militari, che sta gradualmente rivelando all’esercito israeliano. Ieri il “partito di Dio” ha pubblicato un video che mostra immagini aeree ad alta risoluzione riprese dai droni del porto di Haifa e delle installazioni militari nell’insediamento di Krayot, dimostrando al tempo stesso le sue capacità offensive di fronte allo scudo di difesa “Iron Dome” di Israele. La scorsa settimana ha rivelato di essere in possesso di razzi terra-aria, che gli Stati Uniti hanno sempre rifiutato di fornire all’esercito libanese.

Secondo fonti vicine al movimento filo-iraniano, la pubblicazione delle vedute aeree del porto di Haifa è una risposta alle affermazioni israeliane secondo cui Hezbollah “è stato notevolmente indebolito” dalla morte di uno dei suoi comandanti più importanti: si tratta di Taleb Sami Abdallah, ucciso la settimana scorsa in un attacco israeliano contro una casa nel villaggio di confine di Jouaiyya, nel Libano meridionale.

Sempre sul fronte della guerra, l’aviazione israeliana ha nuovamente bombardato nella notte Khiam, colpendo anche il centro del villaggio. Hezbollah ha annunciato la morte di un altro combattente, Hassan Saab, originario di Yaroun, mentre alcune bombe israeliane sono piovute anche su Yaroun dove l’Idf (esercito israeliano) dice di aver colpito un “edificio militare usato come deposito di armi”. Sempre ieri i generali hanno annunciato il via libera ai piani operativi per una “offensiva in Libano” dopo giorni di escalation lungo il confine, già “approvati e convalidati” in una riunione dedicata alla “valutazione della situazione”.

Il fronte diplomatico

Sul fronte diplomatico, il presidente francese Emmanuel Macron ha proposto, a margine del vertice del G7, di lavorare trilateralmente con gli Stati Uniti e Israele per contenere la situazione. Il Qatar, da parte sua, sta svolgendo un ruolo avanzato in prima linea [nella mediazione con Hamas], su richiesta di Washington. In questo contesto, una fonte diplomatica araba ha rivelato ad AsiaNews che la recente visita a Doha di Ali Hassan Khalil, consigliere politico del presidente del Parlamento Nabih Berry, si è concentrata “sulla situazione nel sud e sui modi per progredire verso un accordo”.

Secondo fonti diplomatiche concordanti fra loro, l’accordo vieterà la deriva armata consentendo agli abitanti dei territori del sud, compresi i combattenti di Hezbollah, di rimanere nelle loro case senza armi pesanti o visibili. I negoziati non includono peraltro il termine “ritiro” dei combattenti di Hezbollah a nord del fiume Litani, ma prevedono il ritiro delle armi pesanti e dei missili a lungo raggio e ad alta precisione.

Tuttavia, due punti restano irrisolti e richiedono ulteriori discussioni. Il primo riguarda il sorvolo israeliano dello spazio aereo libanese: Beirut chiede la fine delle violazioni israeliane, che la parte interessata rifiuta. Il secondo punto riguarda la questione delle fattorie contese di Shebaa e delle colline di Kfarchouba, che sarà rimandata a una fase successiva in assenza di un riconoscimento ufficiale da parte della Siria della sovranità del Libano su queste entità territoriali.

Sempre nell’ambito di questi negoziati, gli americani stanno spingendo per l’avvio di operazioni di trivellazione di petrolio e gas nelle acque libanesi. Si discute anche del contributo di Doha alla ricostruzione del Sud, della creazione di un paniere economico in collaborazione con diversi Paesi e dell’assistenza nel settore della produzione di energia elettrica.



 

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