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Un angolo di Paradiso al riparo dal turismo più di massa e allo stesso tempo non artificiale e troppo sofisticato, godibilissimo a giugno quando ancora si è lontani dalla pazza folla e il verde con i fiori tappezzanti troneggia. Qui il mare è protagonista assoluto e lo si ritrova girando per il paese con viste mozzafiato ma non è solo natura. Il Mediterraneo racconta storie, riporta il passato, lo attualizza.

Nasce così Sardinia Archeo Festival ormai giunto alla quinta edizione, Mediterraneo immaginato, un festival itinerante tra Cagliari, Sintino e il sito archeologico S’Arcu is Forros. Un’occasione per entrare in sintonia con il luogo e con il Mare Bianco di Mezzo.

Le prime due puntate del festival settimana scorsa; oggi e domani l’appuntamento è a Stintino mentre il e 30 agosto 2024 la tappa finale. Dopo Cagliari, al Centro d’arte e cultura Il Ghetto (via Santa Croce 18), protagonista è il Mut, Museo della tonnara di Stintino; quindi l’approdo a Villagrande Strisaili al sito archeologico S’Arcu is Forros.

Un festival divulgativo di archeologia dedicato al Mediterraneo realizzato con il contributo della Fondazione di Sardegna e il patrocinio del Comune di Cagliari, ideato e organizzato dall’associazione Itzokor che vede tra gli ospiti gli archeologi e archeologhe Elisabetta Garau, Flavia Frisone, Francesco Bellu, Massimo Cultraro, Valentina Porcheddu, Valentino Nizzo e Marco Minoja, il filosofo Silvano Tagliagambe, il glottologo Riccardo Ginevra, il giornalista Luca Misculin e la scrittrice Ilaria Guidantoni, il naturalista Gianni Palumbo, gli storici Santiago Sabariego Sanchez e Giampaolo Salice, la docente di Storia della Chiesa Anna Carfora.

La domanda da cui parte, qual è il confine tra realtà e mito nel nostro Mediterraneo ci porta lungo storie e narrazioni, più o meno vere, sono giunte dal passato fino a noi tanto da segnare il nostro presente. Si cammina sulla via degli eroi, idoli, divinità che hanno influenzato le nostre vicende in questo angolo del mondo

Nei due giorni cagliaritani del Sardinia Archeo Festival, tredici tra studiosi e studiose di archeologia, storia, filosofia, religione, glottologia provenienti dal mondo dell’università, della ricerca, del giornalismo hanno proposto riflessioni e notizie attorno al Mediterraneo, le città antiche, i miti, le storie e le narrazioni che hanno segnato il nostro passato.

La prima giornata si è aperta con il laboratorio fotografico a cura di Luisa Siddi; alle 15, nella sala delle Mura del Ghetto, il Festival entrerà nel vivo con gli interventi di Flavia Frisone, archeologa, Giampaolo Salice, storico, Marco Minoja, archeologo, a cui seguirà l’incontro con Luca Misculin, giornalista de Il Post, e Riccardo Ginevra, glottologo, autori del podcast “L’invasione” dedicato alla diffusione delle lingue e culture indoeuropee, moderato dalla giornalista Francesca Mulas. Il giorno successivo la giornalista e archeologa Valentina Porcheddu e gli archeologi Massimo Cultraro e Valentino Nizzo, il glottologo Riccardo Ginevra, lo storico Santiago Sabariero Sanchez hanno affrontato diversi punti di vista. Quindi Anna Carfora, docente di Storia della Chiesa, Gianni Palumbo, naturalista e ornitologo, Francesco Bellu, giornalista e archeologo esperto di cinema; mentre l’ultima riflessione su “Il Mediterraneo dentro di noi” è affidata al filosofo Silvano Tagliagambe. A seguire le serate in musica con “Odissei senza sponde. Suoni e canti dal Mediterraneo” Ninfa Giannuzzi, Sandro Fresi, Luca Schiavo e Massimo Cerra accompagneranno il pubblico in un viaggio sonoro da una sponda all’altra del Mare Nostrum.

Oggi e domani appuntamento in ricordo di Marco Rendeli, archeologo e amico del Festival con l’archeologa Elisabetta Garau, docente dell’Università di Sassari farà il punto sulle ricerche sul sito algherese di Sant’Imbenia, mentre Ilaria Guidantoni, giornalista e scrittrice, parlerà delle lingue mediterranee del pluralismo delle lingue di confine non confinanti e di come le parole si rincorrano raccontando usi e costumi del lago salato qual è il Mediterraneo. Domani un’altra serata dedicata alla storia e all’archeologia con “Gep 2024”, le Giornate Europee del Patrimonio. A partire dalle 18 Gabriella Gasperetti, funzionaria archeologa della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Sassari e Nuoro con Elisabetta Garrau terranno la conferenza “Il nuraghe Casteddu di Stintino: prospettive di ricerca e valorizzazione”, dedicata al complesso archeologico situato nei pressi di Pozzo di San Nicola.

Come accennato, il Sardinia Archeo Festival si concluderà nel cuore della Barbagia e si aprirà alle visite con dibattiti e proiezioni realizzate in collaborazione con Archeonova e Festival della Comunicazione e del Cinema Archeologico di Licodia Eubea.

A Stintino il Festival si svolge all’interno del Mut, Museo della Tonnara, cuore della storia del paese, nato nel 2016 sull’esperienza di un’esposizione itinerante di oggetti per la Sardegna in un capannone nautico a Porto Manno. La nuova struttura è frutto del recupero della vecchia fabbrica di inscatolamento del pesce azzurro Alpi – Azienda Lavorazione Prodotti Ittici, grazie ad un progetto europeo. Qui sono raccolti oggetti donati dalle famiglie di Stintino che hanno lavorato nella fabbrica e l’esposizione è realizzata attraverso il dialogo immaginario tra un tonno e Agostino Diana, ultimo rais della tonnara. Il percorso audio-visivo consente al viaggiatore di essere autonomo e fare un vero e proprio percorso su un doppio binario, il punto di vista del pesce e quello del pescatore. 

Nella prima sala un touch screen racconta l’archeologia e la biologia del tonno con la sua storia fin dall’antichità. Qui sono presenti le anfore di Cala Grande, all’Asinara, nelle quali sono state trovate tracce di tonno salato sotto forma di Garum del IV e V secolo dopo Cristo. In realtà il tonno è simbolo di prosperità fin dall’antichità come mostra la sua raffigurazione nella Grotta Genovese a Levanzo, nelle isole siciliane delle Egadi e nei mosaici di Turris Libisonis, l’antica Porto Torres. Tra i reperti un Askos, vasetto a forma di tonno proveniente dalla necropoli di San Simplicio ad Olbia. Nella stessa sala aspetti legati alla biologia del protagonista del museo, il Thunnus Thynnus, noto come tonno rosso dell’Atlantico che si riproduce nel Golfo del Messico e nel Mediterraneo dove le tonnare sono dette ‘di corsa’ perché sono realizzate allo scopo di bloccare il pesce dopo la deposizione delle uova consentendo il ricambio stagionale. Succede che qualche tonno abbia ancora la sacca delle uova e in quel caso la bottarga viene spartita tra i pescatori come integrazione del compenso. Importante sapere che la stagionalità è da maggio a fine giugno e quindi questo è un ottimo momento per venire a Stintino ad assaggiare il tonno, l’unico ‘autentico’. 

Nella seconda sala un pannello riassume la geografia delle principali tonnare italiane concentrate in Sicilia. Nella terza sala il modellino del sistema della cattura dei tonni, struttura di rete detta ‘isola’ anche se ogni tonnara ha un tipo di rete diversa per numero di camere a seconda delle correnti, dei venti e della conformazione del fondale Si parte dalla cosiddetta coda che crea uno sbarramento tra la costa e il mare aperto perché dopo la deposizione delle uova i tonni si avvicinano molto alla costa e quando trovano l’ostacolo lo seguono entrando nella prima camera e girando sempre a destra. All’interno sono trattenuti fino al giorno della mattanza quando sono aperte le camere e le barche spingono i tonni nella camera della morte. Allora la flotta della tonnara composta da 13 barche forma un quadrato, solleva le reti e con esse i tonni quindi si procede all’arpionatura e all’eviscerazione a bordo del pescato. Lo stesso, come mostrano i video e i pannelli viene portato alla tonnara, precisamente nello scabecio per la lavorazione; mentre nel malfaraggio la ciurma organizza la mattanza a partire dal dopo Pasqua, una preparazione lunga dopo che nell’inverno si sono riparate le reti, di solito ad opera delle donne.

La quarta sala conduce il visitatore nelle camere, in un percorso immersivo che è lo stesso che compie il tonno. Qui sono presenti reperti e documenti dell’archivio della tonnara, recuperati grazie a un cittadino di Stintino, Prospero Maddau, che lì trovò quando lavorava al cantiere dell’Hotel La Tonnara, realizzato nello stabilimento della Tonnara Saline. Tra le curiosità il più antico documento data 1604. Curiosa anche l’esposizione di modellini realizzati da Isidoro Balzano, mancato qualche mese fa all’età di 95 anni, vissuto con la passione per la riproduzione ad occhio delle barche stintinesi, oggi preziosa memoria di imbarcazioni delle quali non si ha più l’originale. In mostra diversi attrezzi da lavoro e la statua della Madonna di Bonaria della chiesa della Tonnara dove si celebrava ogni anno il Corpus Domini. Lungo la parete corre una galleria di ritratti che illustrano i ruoli della rigida gerarchia della tonnara tra cui ad esempio la figura del Bastardiere, uno dei quattro delle cosiddette barche Bastarda che chiudevano ai quattro angoli la camera della morte. Il percorso termina proprio con la camera in cui si effettuava la mattanza raccontata da un video montato a partire da una serie di filmati e realizzato in bianco e nero per non disturbare il visitatore con l’effetto del sangue. 

Scendiamo di nuovo a terra nella quinta sala, Oltre la tonnara, ambiente che racconta cos’è successo a Stintino dop ola chiusura della tonnara alla fine degli Anni Settanta, quando viene proposta come meta turistica. La sesta sala presenta due video che raccontano, rispettivamente, la tonnara sperimentale degli Anni Novanta, progetto di collaborazione tra l’Università di Sassari e di Bari e il ritorno alle origini. Stintino infatti nasce come insediamento nel 1885 quando 45 famiglie sono cacciate dall’Isola dell’Asinara quando fu insediato il primo Lazzaretto del Regno e la Colonia Penale agricola.  L’ultima sala dove c’è la sala conferenza ospita la pinacoteca sul tema della Tonnara di Stintino e dove tra gli altri c’è l’artista Ausonio Tanda, conosciuto proprio per questo; tra le sue opere una donata dall’ex Presidente Mario Segni. Prima di uscire il Centro documentale con la biblioteca sule tea delle tonnare realizzata con donazioni. 

Mila Fiorentini



 

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