L’Italia dovrebbe abbandonare il taglio del cuneo fiscale e altre misure ritenute “inefficaci” per passare a interventi che darebbero benefici più di lungo periodo. Il Fondo monetario internazionale ha analizzato il momento economico dell’Italia, secondo le procedure di monitoraggio dei paesi membri. Lo sguardo va già a dicembre: anche se in apparenza lontano, la prossima manovra è l’orizzonte temporale a cui guarda il governo Meloni. Le difficoltà sono note e non è ancora chiaro quali misure verranno confermate e quali modificate o tagliate. Ma è sempre più probabile un ritorno a politiche che in passato sono state definite di “austerità”.
La ricetta del Fmi per Meloni: “Risparmi per misure davvero efficienti”
L’Italia si è “ben ripresa” dopo la pandemia ma non basta. “Sarà necessario un ulteriore sforzo fiscale per far fronte agli investimenti che aumentano la produttività, alle pressioni latenti sulla spesa, soprattutto quelle dovute all’invecchiamento della popolazione, e per creare lo spazio fiscale necessario in caso di shock grave”, si legge nelle conclusioni del Fondo monetario internazionale sull’Italia.
E per creare questo spazio di manovra, il governo dovrebbe trovare “maggiori risparmi” per poter rispettare il nuovo Patto di stabilità europeo e finanziare nuove misure, diverse dal passato. La soluzione è sostituire “i tagli al cuneo fiscale e i sussidi alle assunzioni con misure che incrementino in modo permanente la produttività del lavoro, razionalizzando ulteriormente la spesa pensionistica, innalzando l’età effettiva di pensionamento ed evitando costosi schemi di pensionamento anticipato”, afferma il Fmi.
In realtà, sembra essere l’opposto delle politiche di bilancio annunciate da Giorgia Meloni e dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti: da mesi ripetono che il taglio del cuneo fiscale verrà riconfermato anche per il 2025 e per le assunzioni è già stato approvato un insieme di incentivi. In più, il prolungamento di Quota 41 per abbassare l’età pensionabile fa parte del programma di governo.
Tuttavia, Fmi e governo Meloni la pensano allo stesso modo sul Superbonus. La “consistente spesa” ha dato un contributo alla ripresa, “finanziata con generosi crediti d’imposta e dall’incremento nell’utilizzo delle ingenti risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Ma il rapporto costo benefici è negativo: “Lo stimolo alla crescita derivante dai crediti d’imposta sull’edilizia abitativa è stato probabilmente piuttosto limitato rispetto all’entità delle risorse fiscali spese” a causa del fatto che molta spesa è stata destinata a importazioni, oltre ai notevoli sconti sulle fatture, all’aumento dei prezzi nell’edilizia, e all’uso improprio dei fondi pubblici. Senza dimenticare che per queste misure “il contributo all’attività reale diminuisce nel tempo”.
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